Dove sta il confine tra Biblioterapia e uso non terapeutico della letteratura? Ogni giorno nel mio lavoro in ospedale, passo tra i tanti letti con occhio scrutante. Non mi sfugge mai chi tiene un libro sul comodino. A volte ci sono malati con cui è difficile comunicare, che sono in difficoltà, ma non si fanno aiutare. Se di questi pazienti qualcuno è un lettore, cerco di aprire un canale comunicativo attraverso i libri. Appena ho un minuto attacco discorso chiedendo dei tomi che tengono sul comodino. All’inizio sono titubanti, sospettosi. Ma prima o poi inizia il contatto. Si lasciano andare, ci troviamo in una terra di mezzo, comune a entrambi. E’ lì che mi diviene possibile cercare di dare l’aiuto necessario.
Possiamo parlare di Biblioterapia ogni qualvolta i libri permettono un cambiamento benefico nella persona. In questo caso al limite, è possibile parlare di Biblioterapia? Sono incerto sulla risposta, ma sono sicuro dell’efficacia del sistema. Il problema vero è che lo scarso amore per la letteratura sempre più diffuso impedisce alla Biblioterapia vera e propria, o a tecniche come quella che uso, di essere uno strumento utile per molti. Tullio de Mauro nel suo “La cultura degli italiani” afferma che due terzi della popolazione italiana non legge né un libro né un giornale all’anno. L’indagine ISTAT del maggio 2010 afferma che il 10% degli italiani in casa non ha neppure un libro. Sono dati che devono far riflettere. E se mi considero un biblioterapista non posso trascurare di farmi promotore di letteratura se voglio allargare il numero di persone che possono potenzialmente beneficiare della Biblioterapia. E’ per questo che in questo blog parleremo anche di questo…

Biblioterapia e assistenti sociali
La trasversalità della biblioterapia come disciplina impone riflessioni diverse per i diversi settori in cui viene applicata. Se in Italia sono rari gli articoli e