Non conoscevo il canadese Mordecai Richler (1931-2001), scrittore in lingua inglese, prima di aver letto “La versione di Barney”, che ho terminato da pochi minuti. Sono in difficoltà a farne una recensione perché non rientra nei canoni consueti. Iniziando la lettura si stenta a proseguire, non si entra subito nel testo, serve pazientare quasi un centinaio di pagine prima di esserne conquistati. Non aiutano certo i continui inserti in Yiddish (anche se c’è un glossario alla fine) e in francese. Eppure, una volta che ci si lascia conquistare dal testo, è impossibile abbandonarlo. La narrazione è in prima persona e lo stile mima il linguaggio parlato. Nonostante ciò, anche se sono presenti numerose scurrilità necessarie a delineare la personalità del protagonista, si ritrovano spesso parole ricercate, che rifuggono la banalità. Barney è scorretto, eppure irresistibile: impossibile non amarlo almeno un po’. L’ironia si mantiene per la maggior parte del libro, lasciando però chiare tracce di un grandissimo amore, avuto e perduto. Serve un po’ di tempo per portarlo a termine (quasi cinquecento pagine nell’edizione Adelphi), ma credo che valga davvero la pena.

Biblioterapia e assistenti sociali
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