Torno dopo un isolamento non voluto da internet. Questo post è pronto da tempo, ovvero dal giorno dopo che ho pubblicato il post su “L’amica geniale“. Terminato il libro, non avevo potuto fare a meno di iniziare “Storia del nuovo cognome”, seconda parte della splendida trilogia composta da Elena Ferrante. Raramente mi ripeto su uno scrittore così presto. Ferrante però è una piacevole eccezione. Proseguendo nella lettura e ripensando a ciò che ho scritto di lei, non mi sono sentito soddisfatto. Mi sono accorto di averla descritta in termini troppo generici, usati per molti altri. Invece come molti altri non è. Mi ha molto colpito la sua capacità di descrivere luoghi e aspetti antropologici di Napoli usando raramente inserti dialettali. L’italiano lucente che adopera diventa così una chiave d’accesso per comprendere una condizione a molti, io per primo, sconosciuta e a volte di difficile interpretazione. Non solo. Siamo davanti a un romanzo di formazione ben congeniato, scritto in prima persona e ricco di ipotesi immaginate dalla protagonista. Attraverso di lei percepiamo realtà oggettiva e realtà percepita, senza che ciò risulti incongruente.
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