Conoscete Ipazia d’Alessandria? Se la risposta è negativa siete tra i tanti che ignorano la grandezza della scienziata più importante dall’antichità fino all’età moderna. Se essere donne e intelligenti è cosa vista con sospetto in alcuni ambienti oggi, potete immaginare cosa significasse tra il Quarto e il Quinto secolo. E come se non bastasse, Ipazia reclamò la libertà di religione (era pagana) nell’epoca in cui l’affermazione del cristianesimo avveniva a scapito delle altre confessioni. Una storia che continua a ripetersi anche oggi: chi fu perseguitato diviene persecutore.
Per entrare nella vita di questa donna ho scelto il libro di Adriano Petta e Antonino Colavito dal titolo “Ipazia. Vita e sogni di una scienziata del IV secolo”. Sono quasi a metà, mi aspetta la parte più succulenta. Posso comunque affermare già che non è un libro incalzante. Gli autori tentano di utilizzare la letteratura dell’epoca, e non solo, per ricostruire la vita e i sentimenti di questo personaggio di cui si conosce veramente poco, dato che la Chiesa tentò di eliminarne ogni traccia. Il ritmo del testo non è dei migliori, ma a mio avviso non si è volutamente ricorrere a espedienti letterari concitanti per mantenere una serietà storica. Non so se questo testo mi basterà per portare quest’autunno la figura di Ipazia nell’incontro su “La paura della donna che sa”. Perché, ieri come oggi, la via per arrivare a un giusto riconoscimento del valore personale e professionale delle donne non è facile da percorrere.