Il valore dell’autobiografia nella malattia


I giorni scorsi mi è stata affidata la bozza di un libro. Era l’autobiografia di una donna colpita dal morbo di Hodgking, forma di leucemia da cui è guarita. Mi è stato chiesto dall’autrice un’opinione e qualche consiglio. Premetto che l’importanza di questo tipo di testo va molto al di là del suo valore letterario. Scrivere è come un viaggio, una vera e propria esperienza che ti segna. Scrivere significa rivivere. Vivere una seconda volta arricchisce, moltiplica l’esperienza. E lo scrittore lo sa.
Al lettore si dà la possibilità di capire un’esperienza che, si spera, non proverà mai. In questo modo le paure, ma anche le speranza che la malattia procura, divengono vissuto comune per cogliere meglio la vita quotidiana. Di questa donna, e del suo libro, mi ha colpito l’aspirazione di farne patrimonio comune con gli amici e con tutte le persone che le sono state accanto. Nessuna velleità da scrittrice di best-sellers, ma solo un autentico desiderio di regalare le parole sgorgate dal proprio cuore.
Incontrarla oggi è stato un onere, perché ho dovuto elencare anche quelli che mi apparivano come errori e difetti. Ma è stato pure un onore: chi sa prendersi cura di sé con le proprie parole non può che meritare rispetto.

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