Biblioterapia informale: le risorse inaspettate dei libri

Solitamente attraverso i libri entro in contatto con le persone. Ma può accadere che siano le persone a decidere di entrare in contatto con me, sempre attraverso i libri.
I giorni scorsi, nell’orario di visita in ospedale, attendevo le chiamate sfogliando un libro: non ricordavo bene la trama e non sapevo se darlo a un paziente o decidere per un altro titolo. Una parente si è avvicinata al bancone degli infermeri e mi ha chiesto alcune informazioni. Vedendo poi il libro che avevo accanto, mi ha chiesto cosa stavo leggendo. Ovviamente non mi sono fatto pregare e ho discusso con lei della trama, dei suoi gusti e dei miei. In pochi minuti siamo entrati in sintonia, la stessa sintonia che io cerco, utilizzando lo stesso metodo, con i miei pazienti. Ma in questo caso è stata lei a dare inizio a questo tipo di approccio. Ho saputo poi che si trattava di una maestra in pensione. Certamente di libri ne sapeva parecchio e l’amore per loro non era scemato con l’età.
Mi ha colpito che questo processo comunicativo potesse partire da altri. Sono abituato a essere la fiamma che accende la miccia. Questa volta la miccia ero stato io. Questa esperienza mi ha permesso alcune riflessioni. Credo che l’informalità sia un aspetto prezioso del mio lavoro, e ancor più della biblioterapia. Se mi fossi trincerato dietro la privacy di ciò che stavo facendo, mi sarei perduto l’occasione di comunicare. Se mi rivedesse e se dovesse aver bisogno di un infermiere conosciuto con cui parlare, so che quella parente non avrebbe timore di pormi alcuna domanda. Altra riflessione: ci sono aspetti del nostro essere persona, in questo caso dell’essere lettori, che andrebbero valorizzati, mostrati, esibiti. Ad esempio, se amo la cucina vegetariana e conosco delle ricette, perché non utilizzarle come elmento di lavoro in sessioni informali? Due chiacchiere sugli ingredienti mentre incannulo una vena e un gesto tecnico può trasformarsi in un momento di educazione sanitaria. Ovviamente vale anche il contrario: non me ne vogliano i fumatori, ma come possono consigliare a un paziente di non fumare se loro stessi fumano e lui ha l’occasione di vederli o di sentirne l’odore di fumo? Allo stesso modo vale per la biblioterapia. Leggo i libri, amo i libri, parlo di libri. Chiunque, vedendomi con dei libri, può identificarmi come lettore. Questo dovrebbe valere per tutti gli infermieri (anche per i medici non sarebbe male): guardarli con un libro, saperli lettori nei momenti di sosta, visibili in questa veste anche dai parenti potrebbe aprire scenari inusuali di comunicazione. E’ capitato per caso a me: cosa accadrebbe se in ogni angolo si vedessero libri e infermieri insieme?

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