Pillola letteraria: il tempo dell’attesa in un amore mercenario

Meglio così, pensava soddisfatto, farsi desiderare è sempre la tattica migliore. Era ancora tranquillo. Di più. Era contentissimo. Leggero e sicuro di sé. Che la telefonata lo avesse fatto felice non gli sembrò preoccupante. Preoccuparsi? Era lui a dominare la situazione.

Ma il lunedì, quando l’orologio sulla parete di fronte segnò mezzogiorno, si accorse di essere impaziente. Si rese conto anzi che per tutta la mattina aveva aspettato che mezzogiorno venisse, l’attesa era cominciata fin dalla sera prima quando lui era tornato a Milano, l’attesa era cominciata venerdì scorso nel l’attimo stesso che la Laide aveva detto: Figurati. Ciao. Per tre giorni lui aveva continuato ad aspettare, senza saperlo.
E adesso non smetteva di guardare l’orologio. Trac faceva il meccanismo ogni minuto, e la lancetta faceva un piccolo scatto in avanti. Ogni trac era un pezzetto di tempo che se ne andava, una probabilità in meno che Laide mantenesse la promessa.

Tratto da 
Un amore di Dino Buzzati

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