L’abbandono di un libro e il senso di colpa

Mi pesa e mi vergogno un po’. Ma dopo più di quattrocento pagine ho il diritto di fermarmi? E’ famoso il libro che ho deciso di abbandonare. Non dico per sempre, ma certo per qualche mese, almeno. O forse, sì, per sempre. Sto parlando di Shantaram scritto da Gregory David Roberts, autobiografia romanzata da cui è stato tratto anche un film. Ci credevo davvero all’inizio. La trama era interessante: un malvivente, sfuggito alla giustizia australiana, si rifugia in India, dove trova, tra i più umili, il senso delle cose e della vita. Libro discreto, con molte parti interessanti. Eppure in tutte le quattrocento pagine (sono più di mille in totale) non ho mai sussultato, non ho mai desiderato più tempo per leggerlo, non ne ho mai sentito la mancanza quando non lo leggevo, non mi sono mai davvero emozionato: sono o non sono legittimato ad abbandonarlo? Lo so che lasciare a metà un libro fa parte dei diritti inalienabili del lettore. Eppure, soprattutto davanti a un libro tanto osannato, mi sento un po’ in colpa. Sono diventato troppo esigente?

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