Di cultura si muore: perché?

Leggere aiuta a riflettere. Sempre! Non avevo riflettuto abbastanza prima di leggere l’articolo di Michele Serra su Repubblica riguardo all’assassinio di Khaled Asaad, l’archeologo decapitato dall’Isis. Le sue colpe? Soprattutto quella di essere uno studioso dei resti della città di Palmira, in Siria, e di conoscere, ma di non aver rivelato, i luoghi dove sono stati nascosti resti archeologici preziosissimi per la storia romana. Aveva ottantadue anni, fino al 2003 era stato direttore del museo di Palmira, per quarant’anni: una vita! Quanti di noi hanno compreso la gravità di questo omicidio? Chi di noi sente uno sdegno profondo per tale gesto? Ci ha colpiti maggiormente questa notizia o ci preoccupiamo solo al susseguirsi di informazioni riguardo gli sbarchi di immigrati? Posso comprendere che l’impatto di migliaia di profughi che giungono improvvisamente possa turbarci più di notizie fornite in modo approssimativo su un conflitto bellico, salvo poi faticare a collegare i due eventi. Eppure qui stiamo parlando di altro. Parliamo di cultura e della sua distruzione come forma di guerra. Sui social network si stanno utilizzando brani di Oriana Fallaci per sottolineare il pericolo derivante dai mussulmani che abitano vicino a noi. Vengono estrapolati alcuni brani da scritti più complessi come fossero in grado di spiegare da soli fenomeni così complessi. La furia iconoclasta che imperversa, invece, sembra essere messa in secondo piano. Pochi comprendono che la distruzione della cultura è ben più pericolosa degli sbarchi pur così intensi e preoccupanti. Hitler partì proprio da lì. E fece scuola. Ricordate i Buddha scolpiti nelle montagne afghane fatte saltare in aria dai talebani? L’allora ministro degli esteri dell’Unione Europea, Emma Bonino, allertò i capi di Stato su quello che era prevedibilmente un pericolo imminente per tutti. Poco dopo furono fatte crollare le Torri Gemelle. Oggi neppure una voce isolata tenta di attirare l’attenzione. E mi domando: la politica vuole chiudere gli occhi? Per quale motivo? Perché ci stracciamo le vesti per un crocefisso in più o in meno negli edifici pubblici e non proviamo sdegno per la distruzione di quella storia antica che è anche nostra? Oggi dal mio Veneto la notizia di un’italiana, di origine marocchina e mussulmana, che si presenterà per concorrere più avanti al Miss Italia. Le critiche e le minacce stanno arrivando da diverse parti. Ma lei non molla. E’ un piccolo gesto che può significare molto e che merita sostegno. Ma com’è possibile che questa notizia trovi lo stesso spazio dell’omicidio di Khaled Asaad?

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