Seduto sugli scalini, fuori dall’Arena di Verona, ieri sera mi sono goduto una parte del concerto di Fiorella Mannoia. Insolita la postazione in cui mi trovavo: avendo saputo troppo tardi dell’evento, non sono riuscito a procurarmi dei biglietti. Ma non ho resistito al piacere di sentire la voce di una cantante che mi ha accompagnato tutta la vita, contribuendo non poco al mio spirito narrativo. Vi è mai capitato di scrivere con la mente? Ne accenna Erica Jong in Paura dei cinquanta. Si tratta di quel processo comune, a chi ama scrivere in particolare, in cui vengono immaginate scene e trame che verranno poi tradotte in scrittura o in narrazione fantastica? Ho cominciato a scrivere con la mente intorno ai dodici anni. E le canzoni di Fiorella Mannoia erano la mia colonna sonora. Sì, perché la musica è in grado di generare emozioni che si trasformano poi in storie da immaginare, scrivere e raccontare. Era il tempo di Torneranno gli angeli quando ho cominciato. Lì ho capito che quella era la musica di cui avevo bisogno per creare le mie narrazioni. Avevo l’assoluto bisogno di nutrire i miei pensieri con musica e letture. Con la mia prima ragazza sono stato al Teatro Romano di Verona a sentire Fiorella Mannoia. E poi con mia moglie, più volte. E sempre uno dei suoi concerti ha tenuto battesimo al primo evento musicale a cui ho portato mio figlio, quello
(di cui ho parlato qui), scambio culturale di generazioni differenti,
ma in sintonia.
Potevo mancare ieri sera? Non potevo! Così, anche se solo parzialmente potrò dire: a quel l’evento incredibile io c’ero.
Potevo mancare ieri sera? Non potevo! Così, anche se solo parzialmente potrò dire: a quel l’evento incredibile io c’ero.
La musica vola e così è arrivata a me che ero lì fuori, e a quella ragazza, poi diventata mia moglie, che continua ad accompagnarmi nell’incessante viaggio nell’universo dei libri. Che si nutre anche di musica.