Anch’io “Odio gli indifferenti”

Non so se ascrivere l’ennesima mancanza del quorum necessario per la validità del referendum alla volontà degli italiani di affermare con un astensionismo programmato che la permanenza delle trivelle è necessario, alla disillusione sulla possibilità che il voto abbia valore o semplice all?indifferenza verso la cosa comune. Tendo a protendere per quest’ultima opzione, ma non posso averne la certezza. Tuttavia, sento che proporre il brano che segue ha un senso, forse più per me che per chi lo leggerà. L’autore è Gramsci, ma il messaggio che lo scritto traghetta non ha un colore politico. Semplice utopia è sterile critica? Non lo so. Ciò che so è che leggerlo aiuta me stesso a rimanere fedele all’idea che qualcosa si può ancora fare.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? 
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

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