Il figlio della luce (6+)

Avete mai notato come alcuni romanzi storici sappiano guadagnare fama molto più di altri? Quelli di Christian Jacq sono particolarmente famosi. Danno l’idea che, improvvisamente, il mondo si sia popolato di amanti della storia tanto sono letti. Salvo poi capire che non è così. Christian Jacq ha avuto certamente il  merito di ridisegnare il piacere di leggere la storia. Troppo spesso “romanzo storico” fa rima con “noia”. Il problema vero è che pochi sanno modificare questa equazione mantenendo inalterata la qualità delle nozioni contenute nel libro. E temo che Jacq non sia tra questi. Il romanzo Ramses. Il figlio della luce, primo di una serie, è certamente accattivante. Molti si innamorano dei personaggi e ne subiscono il fascino: non potrebbe essere altrimenti. Vedere accanto al futuro grande faraone, nel primo libro solo un adolescente, quello che diventerà il Mosè degli ebrei, anch’esso poco più di un ragazzino, fa un certo effetto. Ma la scrittura è troppo essenziale. Sembra quasi che Jacq stesse pensando a delle sceneggiature più che a una serie di libri. I dialoghi diretti sono spesso privi di qualsiasi intercalare, un “botta e risposta” che per un lettore abituato alle descrizioni fisiche, ma, soprattutto emotive, sono quasi imbarazzanti. Ma il vero problema sta nel fatto che l’ambientazione sembra più vicina a Holliwood che a Tebe. L’autenticità dei riferimenti storici non è mai stata messa in dubbio dagli esperti, ma leggere un romanzo storico, a mio avviso, è un’altra cosa.
Consigliato a chi si avvicina per la prima volta al mondo degli antichi Egizi e a chi preferisce una scrittura non impegnativa.

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