Condannata a leggere: ha senso?

Ricordate lo scandalo del giro di prostituzione minorile al quartiere Parioli di Roma? Uno degli imputati è stato condannato ad acquistare alla quindicenne, che lui pagava per prestazioni sessuali, una serie di libri sull’identità femminile e l’emancipazione del suo pensiero e dei suoi diritti. 
Lo confesso: quando ho letto questa notizia sono sobbalzato sulla sedia. Non entro in merito alla decisione del magistrato, che ha preferito questo tipo di risarcimento (oltre a due anni di carcere) ai 20.000 euro chiesti, non ne ho la competenza. Mi sento invece di dire la mia opinione riguardo i titoli scelti e la modalità in cui sono stati proposti. Sì, perché a un qualsiasi giovane non interessato alla lettura, l’invito a leggere fatto in questo modo genera il desiderio contrario. Non solo. All’apparenza sembra che a essere condannata sia stata lei, e non l’imputato, quasi fossero una rarità le quindicenni colpevoli di non avere idea del valore della propria femminilità, di corpo e di mente, ma che considerano l’apparenza e la sensualità le uniche modalità per affermarsi nel mondo. Forse è troppo facile per me dire che sarebbe stato più adatto un percorso di biblioterapia, per far amare la lettura, prima di offrire dei libri. Libri che certamente non avrebbero potuto essere quelli proposti dal magistrato, almeno non tutti. Perché pretendere che una ragazzina legga Vita activa di Hannah Arendt mi sembra davvero troppo. Quanti di noi hanno letto Storia delle donne in Occidente (tre volumi) di Georges Duby e Michelle Perrot? C’è anche il Dario di Anne Frank tra i titoli. Ma non avrebbe avuto più senso proporre Il diario di Etty Hillesum se l’obiettivo era di introdurre la giovane alla forza della femminilità?
Penso che, anziché condannare una ragazzina, per quanto smaliziata e incosciente, alla lettura, sarebbe stato bene farlo con l’imputato, un uomo adulto, con un’esperienza sulle spalle e non molti scrupoli. Forse era questo il messaggio indiretto del magistrato, che con la sua decisione ha comunque costretto l’uomo a mettersi di fronte a tomi fondamentali del pensiero femminile. Perché a non conoscere il valore delle donne, l’unico che veramente non ha capito, credo sia lui.

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