Per quattordici anni l’Umbria è stata la mia seconda casa, la residenza estiva in cui trascorrere le vacanze, dove i miei figli sono cresciuti, nei nostri brevi periodi di relax, amando questa terra. Qui hanno imparato a nuotare, a vivere la natura, ad ammirare con stupore sincero l’arte, ad invidiare la vita nei borghi.
Guardando le immagini che questa mattina ci sono state proposte riguardo devastazione che sta portando il terremoto, ho avuto la sensazione di riconoscere i luoghi amati, seppure non fossero quelli che ho visitato. L’architettura umbra, quella storica, rende i borghi simili l’un l’altro, tutti splendidi nella loro semplicità antica. Vedere la distruzione di quelle vie, pensare a quella gente, che ho conosciuto come gentile e ospitale, in condizione di disperazione, mi ha spezzato davvero il cuore.
Oggi il mio pensiero non può che essere per loro. Questo non è il momento per pensare ai libri, ma per stringersi e provare a dare ognuno quello che può. Non è neppure il momento di far raccontare agli sfollati cosa pensano, come stanno (cosa che i giornalisti dovrebbero capire). Raccontare servirà. Ma non ora.