Quando uno dei miei pazienti legge un libro, inizio la mia biblioterpia parlando del testo che ha tra le mani. Spesso lo conosco e così mi è più facile parlarne e utilizzarlo come trampolino di lancio per una conversazione da far virare come meglio credo.
In questi giorni mi è capitato di vedere un quarantenne che leggeva la Bibbia. E mi sono trovato in difficoltà. Le possibilità di risultati attraverso la biblioterapia è proporzionale alla conoscenza del testo e alla capacità di utilizzarlo da parte del biblioterapista. Ma cosa avrei potuto fare io, che ho qualche conoscenza della Bibbia solo dal punto di vista della letteratura? Come avrei potuto inserirmi senza rischiare di avviare una discussione attorno a questioni religiose di cui non ho competenza? Sarei stato capace di non urtare la sensibilità che certi argomenti inevitabilmente toccano?
Uno dei grossi limiti della biblioterapia nasce dal bagaglio di conoscenze del singolo biblioterapista. Soprattutto per quanto riguarda certi argomenti, è importante non improvvisare. La biblioterapia come tecnica, e non come semplice discussione attorno alla lettura, va gestita considerando anche i limiti. Se non conosco i testi che voglio utilizzare, non posso rischiare di avviare un lavoro che non so gestire. Un buon biblioterapista deve avere anche la dote dell’umiltà.