Pubblicato nel 1984, questo romanzo di Milan Kundera, autore ceco, naturalizzato francese (favorevole alla cosiddetta Primavera di Praga, le sue critiche al regime comunista arrivarono tal punto che gli tolsero la cittadinaza d’origine) è difficilmente definibile: Romanzo filosofico? Filosofia romanzata? Romanzo di formazione? Romanzo di critica politica? Arduo tentare di definirlo. La storia di Tomàs e Tereza è analizzata con un’attenzione e un’abilità unici. La trama è abbastanza coinvolgente, ma non è il pregio primario di questo scritto. Ciò che lo rende particolare è che vi si trovano considerazioni in cui ci si può rispecchiare e ragionare.
Strumento utile per la mia biblioterapia? Lo sarà sicuramente. Ma in questo libro si parla di così tante cose: politica, amore, tradimento, senso della vita e della morte. Ognuno potrà trovarvi ciò di cui ha bisogno. Se Tomàs è un traditore seriale, ma giustificato, Tereza è responsabile, ma fino a un certo punto. E Sabina? Terzo incomodo indispensabile all’equilibrio. Tante sfaccettature, ognuna importante.
Vi sono però anche dei limiti in questo testo. In alcuni punti, Kundera filosofeggia a tal punto da divenire difficile seguirlo. Inoltre, la trama non lineare è un pregio, ma per chi non vi è abituato può divenire un ostacolo alla lettura.
Consigliato ai lettori esperti. Credo che per i neofiti, o comunque per i giovani (sotto i trent’anni, per intendersi), sia difficile da apprezzare.