Questo libro di Maylis de Kerangal mi è stato consigliato, addirittura prestato parlandomene, per permettermi di leggerlo subito. L’empatia tra lettori crea scambi come questi. E, nella maggior parte dei casi, porta a letture entusiasmanti. Ma utilizzare questo aggettivo per Riparare i viventi non è esatto. Parlare della morte cerebrale e dei sentimenti che girano intorno all’espianto e al trapianto di organi con un linguaggio quasi lirico richiede altri aggettivi. Potremmo parlare di scrittura come flusso, data la scarsità di punteggiatura. Oppure, potremmo usare l’aggettivo “empatico” data la grande capacità della scrittrice di guardare a punti di vista differenti: dei genitori del giovane ragazzo in morte cerebrale, dei sanitari che si prendono cura dell’espianto e del trapianto, con una parte, ma più breve, che guarda alla persona che riceve il cuore. C’è una ricchezza incredibile di simbologie legate agli organi, parte biologica dell’uomo, ma anche del significato della vita. La scrittura non è immediata e spesso si rischia di perdere il filo.
Consigliato ai professionisti del settore per osservare un punto di vista diverso o ritrovare il proprio, a quanti, come pazienti o parenti di pazienti, si apprestano a questo percorso e a tutti gli amanti dei libri a sfondo filosofico fuori dagli schemi.