Non credo sia un caso che sia stata proprio l’UNESCO, che è l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, ha fondare la Giornata Mondiale della Poesia nel 1999 a celebrazione dell’inizio della primavera. La poesia, che si fonde con il ciclo delle stagioni, è una delle manifestazioni culturali più antiche. Immaginate l’uomo antico che compone versi spontaneamente godendo dei primi caldi raggi del sole in mezzo a una natura appena in fiore: immagine bellissima! Possiamo dire che entrambe le cose, la poesia e la natura, sono talmente rare che vada la pena di tutelarle. Di natura c’è sempre più bisogno, ormai sempre più spesso deturpata e sempre più difficilmente raggiungibile, visto che le nostre città tengono davvero poco conto dell’impatto ambientale. E la poesia ci appare sempre più come qualcosa di vetusto, che fatichiamo ad apprezzare. Nei laboratori di biblioterapia che tengo, fatico sempre molto a utilizzarla. Le persone la sentono come qualcosa di lontano, difficile da comprendere e legata agli schemi appresi a scuola.
La poesia, invece, è libertà di esprimersi, utilizzando le parole come fossero note musicali. Peter Szondi riteneva necessario far risuonare le parole dentro di noi per comprendere la poesia, e parlava di lettura musicale per definire questo meccanismo. Celebriamo quindi questa giornata inventando poesie, o aprendo una raccolta e cercando di far risuonare dentro di noi versi sconosciuti che, potremmo scoprire, ci appartengono anche se scritti da perfetti sconosciuti.