Biblioteca condominiale: americanata o possibilità?

10/04/2012
Quando ho letto che a New York hanno iniziato a costruire complessi residenziali che condividono una biblioteca ho fatto un salto sulla sedia. Potete trovare l’articolo qui. Leggendo meglio, l’entusiasmo però si è smorzato. Non perché sia una cosa non realizzabile. Il problema, per tutto ciò che riguarda i libri, è la scintilla. Affinché la lettura sia considerata un valore, una cosa piacevole, tanto quanto un pranzo in compagnia, una scampagnata, una serata con gli amici, un’uscita al cinema, deve scoccare quella scintilla interiore, quella fiamma di passione che contraddistingue i lettori. Solo in questo cosa un’idea simile potrebbe avere senso. Consideriamo che offrire biblioteche condivise non viene fatto come contorno, ma per rendere più appetibile l’acquisto dell’immobile. La cultura del libro nei paesi anglofoni dell’occidente è diversa che da noi. Un esempio? I club letterari nelle famiglie sono un’abitudine storica e questo rende normale che i libri circolino nelle case. Naturalmente, consideriamo ciò senza esagerare. La modernità in quei luoghi è massima e quindi non m’illudo certo che siano tutti illuminati dal sacro fuoco della cultura e non dal consumismo dei media. Semplicemente sono gesti presenti nella loro storia che diventano quotidiani. E da noi? Penso che l’obbligatorietà della scuola, partita solo nel 1962, abbia influito non poco. Ma non servono tante analisi. Mi capita sempre più spesso di persone che mi guardano male quando propongo come argomento la lettura e che con orgoglio mi dicono: io non faccio quelle cose, io non leggo. Come si potrebbe chiedere a costoro di desiderare una biblioteca nel loro condominio?

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