Non credo che Margot Lee Shetterly, mentre scriveva il corposo saggio storico dal titolo Il diritto di contare, immaginasse che il suo libro sarebbe diventato un film di successo. Non lo credo perché il testo è tutto fuorché adatto a diventare una trasposizione cinematografica. La lettura non è semplice: non vi è praticamente traccia di un discorso diretto e alcune parti si soffermano sui particolari tecnici non facili da comprendere. Nonostante ciò, le descrizioni riescono a trasmettere forti emozioni e durante la lettura il senso della Storia si percepisce in modo prepotente. L’affetto che si sente per le eroine del libro è diverso rispetto a quello che proviamo leggendo un romanzo tradizionale. Le fonti bibliografiche e i riferimenti a interviste e a scritti di ogni genere ci testimoniano continuamente la reale esistenza di queste donne che hanno partecipato a cambiare la Storia, pur senza i dovuti riconoscimenti e non si può far a meno di nutrire per loro rispetto e affetto.
Solitamente non guardo film tratti da libri perché so in partenza che mi deluderanno. Questa volta, però, non vi può essere confronto e so che il linguaggio cinematografico provvederà a integrare ciò che il libro, per il suo rigorosissimo legame con la documentazione bibliografica, non ha potuto immaginare e raccontarci.