Dopo che Kent Haruf mi a catturato con Benedizione e con Le nostre anime di notte, è riuscito a fare altrettanto con Canto della pianura. Siamo ancora a Holt, cittadina immaginaria della provincia americana. Siamo ancora nella scrittura di Haruf, piana, senza eccessi e senza fronzoli, eppure incredibilmente coinvolgente. In questo libro i protagonisti sono gente comune, che da comuni problemi è afflitta: una donna depressa abbandona il marito e i due figli; una giovane ragazza rimane incinta e viene cacciata di casa dalla madre; un’insegnante vive con un padre affetto da demenza senile, eppure riesce a rimanere serena e altruista. Altre persone vivono a Holt, e nel percorso che porterà alla conclusione del libro le vicende e i personaggi s’incroceranno tra loro. La vividezza delle descrizioni qui raggiunge apici incredibili. Vi è l’esposizione dell’autopsia di un cavallo, difficile, credo, da leggere per molti. E la narrazione della visita ginecologica della ragazza incinta è un esempio di empatia che il medico riesce a realizzare con un tatto e una gentilezza incredibili. Questo brano potrebbe essere uno strumento da utilizzare in biblioterapia come forma di educazione sanitaria per spiegare cosa accade durante una visita del genere e come è giusto che avvenga.
Ora mi aspetta la lettura di Crepuscolo per completare la Trilogia della Pianura (Le nostre anime di notte è un libro a parte), sicuro che alla fine mi dispiacerà non avere altre visite da fare a Holt.