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#noisiamopronti

In una giornata in cui dovrei incrociare le braccia senza poterlo fare, ho deciso che neppure le mie dita devono fermarsi. Forse questo blog non è il posto più adatto per parlare degli infermieri e del loro sciopero, ma io sono uno di loro e non sarei neppure un biblioterapista se non fossi anche questo. Soprattutto questo. Eppure molto spesso mi è capitato di partecipare a convegni o di firmare articoli e sentirmi chiedere: “Perché dobbiamo scrivere Infermiere ed Esperto in biblioterapia?” Non possiamo tralasciare il primo titolo?” Il primo titolo è quello che mi permette di curare l’igiene delle persone e di eseguire una rianimazione cardiopolmonare in team, di svuotare un pappagallo e di incannulare (ebbene sì, va scritto con due enne) una vena con l’ausilio di un ecografo, di sostenere un paziente a imparare a vivere una vita piena anche se affetto da una malattia cronica o di tenere la mano a una persona mentre sta morendo. Sapevate che noi infermieri veniamo pagati poco più di un operaio anche se dobbiamo rispondere civilmente e penalmente davanti alla legge dei nostri atti professionali, tanto che siamo obbligati a stipulare singolarmente un’assicurazione privata per tutelarci? E che coloro che lavorano a turni ricevono un compenso ben inferiore a quello di tutte le altre categorie professionali? Il nostro contratto, bloccato da nove anni, sta per essere rinnovato a condizioni risibili e con l’inserimento di deroghe su diritti acquisiti. E pensare che il nostro collegio è stato da poco trasformato in un ordine, per diventare infermieri è necessario frequentare l’università e i percorsi di specializzazione sono sempre più articolati. E pensare che quello che ho costruito con la biblioterapia non sarebbe stato possibile se non fossi stato un infermiere.
Nel libro di Jody Picoult Piccole grandi cose viene citato il giuramento di Florence Nightingale che gli infermieri pronunciano negli Stati Uniti alla consegna del diploma di laurea:
 
Giuro solennemente davanti a Dio, in presenza di questa assemblea, di aderire al codice etico della professione di infermiere. Di collaborare lealmente con gli altri membri del gruppo infermieristico e di eseguire fedelmente, impegnandomi al massimo delle mie possibilità, le istruzioni di chi, medico o infermiere, mi viene assegnato come supervisore del mio lavoro. Mi asterrò da tutto ciò che può nuocere o danneggiare, non somministrerò consapevolmente alcun farmaco dannoso e non contribuirò ad alcuna negligenza. Farò uso riservato di tutte le informazioni personali di cui verrò a conoscenza nell’esercizio della mia professione. E m’impegno a fare tutto ciò che è in mio potere per elevare il livello della mia pratica come infermiere. Possa la mia vita essere dedicata a servire i supremi ideali della professione di infermiere.
Mi rendo conto quanto poco potete fare voi lettori per i diritti degli infermieri e capisco che buona parte della responsabilità e del disagio che viviamo sia nascosto ai vostri occhi. Ma vi prego: smettete di considerarci solo quelli che puliscono la pupù, ma pensateci come professionisti al vostro fianco nei momenti più difficili.

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