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“Open” di Andre Agassi: come utilizzarlo in biblioterapia

Ogni settimana un post sarà dedicato a come, quando e perché utilizzare un libro in biblioterapia. Le domande suggerite sono per coloro che tengono laboratori di biblioterapia, ma anche per chi vuole utilizzarle da solo leggendo il libro. Attenzione: anche se in quantità moderata, contiene spoiler.

Open, scritto da Andre Agassi con l’aiuto di J.R Moehringer, è una miniera di spunti per chi si occupa di biblioterapia. E’ l’autobiografia di un tennista di successo che racconta di sé, dalla difficile infanzia all’età adulta. E’ il percorso complicato e tortuoso, nonostante gli eccellenti risultati sportivi ottenuti, di un uomo che come tanti di noi deve fare i conti con limiti e fantasmi.
Se insegui la perfezione, se fai della perfezione il tuo obiettivo ultimo, sai che succede? Insegui qualcosa che non esiste. Rendi infelici tutte le persone intorno a te. Rendi infelice te stesso.
 
Partendo da questa semplice frase è possibile aprire un dibattito che potrebbe, da solo, occupare un’intera serata:

 

  • Quali sono i nostri obiettivi di vita?
  • Quanto riusciamo ad accettare le debolezze dei nostri figli e dei nostri cari?
  • E quanto riusciamo ad accettare le nostre?

 

Nel libro, Agassi fa leva più sulle proprie debolezze che sui punti di forza, suggerendo come sia facile equivocare l’atteggiamento, soprattutto dei più giovani.
Racconta di sé adolescente, quando comincia a vestirsi in modo vistoso e si acconcia i capelli in modo stravagante:
Dicono che mi voglio distinguere. In realtà – come con il taglio da moicano – sto cercando di nascondermi.

 

  • Cosa ci dice questa frase degli atteggiamenti degli adolescenti?
  • E quanto conosciamo veramente i nostri figli a questa età?
  • Siamo in grado di leggere dietro gli atteggiamenti e di sfida?

 

A proposito del rapporto genitori e figli, Agassi racconta:
Perry e io concordiamo che la vita sarebbe un milione di volte meglio se i nostri padri fossero come i padri degli altri ragazzi. Però nella voce di Perry avverto una nota di ulteriore sofferenza, perché lui dice che suo padre non gli vuole bene. Io non ho mai messo in dubbio l’amore di mio padre. Vorrei solo che fosse meno duro, meno rabbioso e più disposto ad ascoltarmi. In realtà a volte vorrei che papà mi amasse di meno. Forse allora farebbe un passo indietro e mi lascerebbe fare le mie scelte.
In biblioterapia spesso si possono utilizzare più autori e più testi, soprattutto quando esistono delle convergenze sorprendenti. In questo caso si può citare un altro autore che spiega come il giusto equilibrio per crescere i figli stia nel dosare nel modo giusto l’esserci e l’assenza. Giuseppe Pontiggia nel suo Nati due volte fa un’esortazione rispetto all’educazione dei figli, che assume maggior valore se si considera che il libro parla di un padre con un figlio disabile:
Volete fare qualcosa in più per i vostri figli? Fate qualcosa di meno.
 
E una domanda-stimolo nasce inevitabile:
Come genitori, quanto facciamo per il bene dei nostri figli e quanto lo facciamo per noi?

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