L’approccio moderno all’alcolismo prevede di considerarlo, come tutte le dipendenze. una malattia da curare, diminuendo la colpevolizzazione e aumentando il supporto medico, farmacologico, psicologico e di sostegno.
In un articolo dal titolo Experts on compartive literature and addiction specialists in cooperation: a bibliotherapy session in aftercare group therapy for alcohol dependence vengono esposti i risultati di un lavoro svolto dal Centro per il trattamento delle dipendenze da alcol dell’Ospedale Psichiatrico dell’Università di Lubiana (Slovenia) in cui nella fase riabilitativa viene utilizzata la biblitoerapia, cercando di comprenderne il valore in un’ottica di collaborazione con le altre forme di cura. Sono stati coinvolti anche il dipartimento di Letterature Comparate e dell’Istituto di Integrazione tra psicoterapia e counseling.
E’ stato considerato il trattamento dell’alcolismo secondo un approccio a tre fasi. Dopo le cure mediche e psicologiche, la biblioterapia è collocata nella terza fase di cura quale metodo di riabilitazione finale. Scopo della biblioterapia è rafforzare sentimenti di empatia, che il periodo dell’alcolismo ha minato, e mantenimento della responsabilità personale rispetto il percorso riabilitativo. La biblioterapia aiuta a migliorare la capacità dell’individuo di capire il comportamento umano e le sue motivazioni, in una visione di universalità, mostrando ai partecipanti dei gruppi di non essere i soli a soffrire del problema e di come sia possibile superarlo con successo. Inoltre, mostra le diverse possibilità di affrontare il problema, promuovendo soluzioni praticabili. Il tutto avviene all’interno di un contesto rilassato e privo di tensioni, pur rimanendo all’interno del tema.
La biblioterapia permette di mettere in campo una riflessione su credenze, motivazioni, emozioni, desideri e bisogni personali e sociali. Sono stati utilizzati come testi Siddharta di Hermann Hesse e La pantera, poesia di Rainer Maria Rilke che non facevano riferimento all’alcolismo, ma ai valori della vita e della pesona; John Barleycorn (in Italia trasformato in Ricordi alcolici) di Jack London e L’Assommoir di Emile Zola, sono stati scelti in quanto parlavano di alcolismo in modo acritico; Il circolo di Pickwick di Charles Dickens e In Taberna Quando Sumus (poesia tratta dai Carmina Burana, raccolta di poesie latine anonime medievali) hanno rappresentato un approccio letterario che connotava positivamente l’abitudine al bere.
Nel gruppo si è consolidata la possibilità di riflessione sui valori universali, oltreché un comune senso di contrarietà per gli accenni positivi all’alcolismo. E’ stato affermato come importante l’esperienza letteraria per comprendere se stessi, ma anche il percorso che stavano facendo. In alcuni si sono evidenziati senso di colpa e auto-stigmatizzazione, ma anche speranza per la possibilità di superare le difficoltà. Vi è stata una maggiore risposta in coloro che avevano un livello culturale medio-alto e leggevano regolarmente. Dopo l’esperienza, nei maschi si è incrementata l’abitudine alla lettura.
Nella ricerca è stato possibile rilevare come la lettura dei brani e la seguente discussione abbia permesso di mettere in evidenza alcuni pensieri e concetti non rilevati nelle normali sedute di psicoterapia, rendendo evidente i vantaggi di una collaborazione tra le diverse competenze. In alcuni casi la descrizione degli abissi dell’alcolismo ha fatto riconoscere la situazione vissuta e rafforzato l’autostima per essere stati capaci di intraprendere il percorso riabilitativo.
Questo lavoro di ricerca ha evidenziato non solo le potenzialità della biblioterapia, ma un aspetto che troppo spesso viene trascurato: la possibilità di amplificarne gli effetti attraverso la collaborazione. L’idea elitaria della letteratura come salvifica in assoluto è fortemente respinta dai teorici della biblioterapia, così come la medicina senza un approccio umanistico rimane relegata alla cura imperfetta del soma.
Professionisti di diversi indirizzi, collaborando proficuamente con i biblioterapisti, possono ottenere risultati che da soli non sarebbero in grado. E’ la collaborazione a essere lo scoglio più difficile da superare, soprattutto in Italia, e non l’applicabilità della biblioterapia e questa ricerca lo dimostra.