Il libro di Iacopo Melio è difficilmente classificabile. Potrebbe sembrare un’autobiografia. All’inizio l’ho trovato simile a Il vizio di vivere di Rosanna Benzi o a Cosa ti manca per essere felice di Simona Atzori, autobiografie ricche di spunti di riflessione. Ma Faccio salti altissimi è qualcosa di diverso perché, se è vero che Melio parla di sé, è altrettanto vero che tratta non solo svariati temi riguardanti la disabilità, ma anche l’etica sociale, l’equità, le relazioni umane e i sentimenti, avvicinandolo alla saggistica. Ma neppure questo è il modo giusto per catalogarlo. Forse Iacopo Melio, odiando le etichette, ha inserito appositamente un ingrediente per allontanare il suo libro da ogni categorizzazione: l’ironia. Il libro si legge velocemente, si hanno tanti spunti per riflettere e si fanno anche delle grasse risate. Frequentando da diversi anni le zone umbro-toscane, ho particolarmente apprezzato alcune incursioni linguistiche dialettali e un senso dell’umorismo suo personale, ma anche locale. Forse è per questo che leggendo mi sono affezionato alla “mi mamma” che certamente, insieme a babbo Claudio, ha contribuito sostanzialmente al successo del giovane autore.
Consiglierei questo libro a tutti i ragazzi che frequentano i primi anni della scuola superiore per aiutarli a costruirsi una coscienza civica, sociale e politica attraverso un testo preciso, ma divertente. E a noi adulti servirebbe leggerlo per non scordare l’importanza degli ideali, che troppo spesso perdiamo per strada.