La copertina di questo libro è brutta e il fatto che Clare Fisher sia una scrittrice esordiente mi avrebbe dissuaso dal leggere il suo libro, se me lo avessero proposto. Ma la vita dei lettori funziona diversamente e il titolo positivo così come l’interessante trama mi hanno indotto a leggerlo. E dopo averlo concluso posso dire: per fortuna!
TRAMA: Di tutte le cose buone parla di una ragazza in carcere per un delitto che si conoscerà solo alla fine che, con l’aiuto di una psicologa, cerca di perdonare se stessa. Il filo conduttore del libro è una consegna che la psicologa le ha dato: scrivere su un quaderno le cose buone della sua vita, nonostante le sue colpe. Per il lettore è l’occasione di conoscere Bethany fin da bambina, inclusi i suoi pensieri spesso incoerenti e spinti in direzioni autodistruttive a causa del disagio vissuto fin dalla più tenera età. La narrazione è in prima persona e la prosa mima il linguaggio giovanile di Bethany, così da avvicinare il lettore al suo sentire. Questo libro spinge il lettore verso un’empatia estrema e giunge a provare simpatia e tenerezza per la protagonista, nonostante sia una criminale. Diventa più chiaro durante la lettura comprendere il tipo di svantaggio in cui si trova chi nella vita ha conosciuto solo il disagio sociale e perché abbia difficoltà a intraprendere percorsi virtuosi. Bellissima la figura della psicologa, donna modesta e dimessa, di un’umanità e umiltà incredibili, che sa lasciare che Bethany riempia i silenzi e con poche parole riesce a indicarle la giusta via.
COMMENTI: Gli spunti per cui potrò utilizzare questo libro nei miei laboratori di biblioterapia sono tantissimi, ma tutti legati da un unica considerazione: tutti dentro abbiamo qualcosa di buono. Nessuno escluso!
Consigliato a chi opera nel sociale e agli amanti dei romanzi introspettivi.