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Le tradizioni che uniscono il mondo: la magia di Santa Lucia:

 

Ieri sera si è concluso il corso di Biblioterapia all’Università Popolare di Sona. Abbiamo terminato con una serata particolare che aveva unt titolo ancor più particolare: Natale a mano armata: i libri gialli con clima natalizio. Ho portato Il Natale di Poirot di Agatha Christie come testo principale, ma non si sono fatte attendere nuove vie da percorrere. Nel ragionare insieme sul Natale, avendo come esempio una riunione familiare letteraria a dir poco atipica, siamo arrivati a parlare di quella festa natalizia che qui a Verona si festeggia stanotte: la notte di Santa Lucia. E’ lei che per i bambini veronesi porta i doni; che per varie sere prima è giunta, sempre invisibile, a lanciare caramelle dalla porta o a far sentire il suo passaggio lasciando che il campanellino allacciato al collo dell’asinello suonasse. Le corsiste hanno parlato della famosa poesia del poeta veronese Berto Barbarani (1872-1945) che abbiamo cercato di recuperare velocemente da internet e che è stato un piacere leggere insieme e non solo per il tema. Il dialetto di Barbarani è uguale a quello che ancora oggi si parla, così come la tradizione di Santa Lucia è la stessa. E’ una cristallizzazione del tempo che mantiene un fascino incredibile. Amo tantissimo conoscere le tradizioni delle varie regioni d’Italia e provenienti da tutto il mondo perché sono tutte diverse, ma unite dallo stesso sentimento, legami con le proprie tradizioni e con il proprio passato che aiutano a guardare al proprio futuro. Perché condividere le tradizioni è il primo passo per trovare le radici comuni.

Santa Lùssia
di Berto Barbarani

I l’à fati su de note,
co le asse e col martel,
co le tole, mèse rote,
piturade da cortel,

co ‘na tenda trata sora
co i lumeti trati là…
L’ è così che salta fora
i bancheti de la Brà!

Là, gh’è paste, là, gh’è fiori,
gh’è i zugatoli da un franco,
(i zugatoli da siori)
ma ghi n’è che costa manco;

ghi n’è fin che costa un besso,
e ghi n’è che de val tri…
«Con parmesso, con parmesso,
che vòi vedarli anca mi.»

Le puote bele bianche,
le se buta fora in strada;
un caval da do palanche
l’è drio a trarme una peada…

Sto tranvai co i so vagoni
par che el fassa: fu, fu, fu!…
“Bei maroni, bei maroni,
de comandelo, anca lu?”

Giovanin, l’è meso mato
par sta bela carossina;
“Mandolato! Mandolato
tuto mandole e farina”

Quanta gente! Che boresso,
drio a ‘na tromba che fa piiiii…
«Con parmesso, con parmesso,
che vòi vedarla anca mi.»

Me morosa picinina
de girar no l’è mai straca;
se la cata una vetrina,
l’è nà pégola che taca;

la roversa fin i oci,
la me sburta e, signor sì,
se badasse a i so zenoci,
cossa mai saria de mi!

Me morosa piassè granda,
la rasona e la me scolta,
mai de mi no la se sbanda,
l’è un piasèr condurla in volta….

La me dise in te una recia:
«No sta spendar, l’è pecà!»
Me morosa piassè vecia,
l’è la prima dela Brà!

 

 

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