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Ricordiamoci che ogni giorno è il giorno giusto

 

Ieri sera sono stato a una cena speciale. Ho rivisto tutte insieme persone che non vedevo riunite da quasi trent’anni. E non parlo di persone comuni, ma di compagne e compagni che hanno segnato la mia vita grazie a una frequentazione del tutto particolare, durata da quando avevo sedici anni fino ai ventuno. Era la fine degli anni Ottanta e avevamo un obiettivo comune da raggiungere all’interno di un’associazione di volontariato (Agespha): creare un centro occupazionale diurno professionale per portatori d’handicap psicofisici. Tra di noi c’era Alessandro, detto il Brasi (aveva passato la sua infanzia e parte della giovinezza in Brasile), un ragazzo dallo splendido sorriso e un’energia inarrestabile e contagiosa. La sua risata la sento ancora oggi come se fosse presente nella stanza in cui sto. Invece, la sua presenza si è spenta proprio trentanni fa. E’ stato incredibile ricordarlo dopo tanto tempo insieme a tutti quegli ex-ragazzi che sono stati i compagni di un viaggio incredibilmente fecondo.
Brasi è stato il fratello maggiore che non ho avuto e la sua morte è stata la porta d’ingresso verso l’età adulta perché perderlo è stato il primo lutto significativo della mia vita. Per un anno intero ho fatto visita alla sua tomba ogni settimana, alla ricerca di un senso che si era smarrito. Ma quando soffri insieme agli altri non è vero che si sta meno male, ma s’impara a essere più forti. Tutti loro, che rivisti ieri sera mi sembravano esattamente come li ricordavo, hanno saputo, in maniera diversa e in modo del tutto inconsapevole, partecipare alla crescita del più piccolo del gruppo che ero io. E quando dovetti lasciare quel nido, è stato molto più difficile che lasciare la mia stessa famiglia, addolorato, ma pieno di gratitudine.

Ieri sera ho raccolto una pergamena arrotolata che giaceva assieme ad altri rotoli sulle tavole dei convitati. L’ho aperta. Vi ho trovato la foto di due paginette di quaderno con un brano scritto dal Brasi. Riconoscere la sua scrittura disordinata è stato un tonfo al cuore. Era la presenza di quel fratello acquisito senza permesso che ancora oggi ricordo con grande affetto. E ho pensato che se una vita durata solo ventotto anni è stata in grado di influenzare un’esistenza molto più lunga (la mia e non solo la mia), quella vita, seppur breve, non è stata invano.
Non lasciamoci influenzare dalla durata della nostra esistenza, ma ricordiamoci che ogni giorno è il giorno giusto per godere e migliorare la nostra e quella degli altri.

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