Questo libro, diventato in seguito un film, è tra i più incredibili che io abbia letto riguardo la Shoah. Non è un libro di memorie, ma riesce, attraverso la finzione letteraria, a costruire il necessario pathos per comprendere l’orrore più profondo di un’atrocità indicibile.
TRAMA: Bruno, un bambino figlio di un gerarca nazista, racconta con gli occhi dell’innocenza la sua quotidianità, fino al giorno in cui al padre viene dato un incarico e si trasferisce con la famiglia accanto a un campo di sterminio. Il piccolo incontrerà un coetaneo con cui di nascosto inizierà a dialogare, divisi dal filo spinato. Questo non impedisce loro di instaurare un senso di amicizia intensa, fino a giungere a un epilogo inimmaginabile.
COMMENTI: la voce narrante del bambino che racconta è resa magistralmente dall’autore. I nomi storpiati, i ragionamenti infantili e le considerazioni innocenti creano un punto di vista privilegiato, in grado di spostare il focus sulle cose importanti, lontano dalle considerazioni politiche e ideologiche. La naturalezza con cui il piccolo Bruno e le conclusioni a cui giunge sono spiazzanti e la loro autenticità apre la mente al lettore.
L’AUTORE: nato a Dublino il 30 aprile 1971, già ai tempi del college ha iniziato a pubblicare i suoi lavori di scrittura. Il bambino con il pigiama a righe, pubblicato nel 2006, rimane il suo libro più famoso con 5 milioni di copie vendute in tutto il mondo.