Un libriccino come questo è qualcosa di prezioso come un gioiello. L’ho letto solo perché scritto da Eric -Emmanuel Schmitt. E non sono rimasto deluso.
TRAMA: alla fine della Seconda guerra mondiale, un bambino ebreo è alla ricerca dei suoi genitori, da cui è stato separato durante il conflitto. Era stato affidato dalla madre a una famiglia che lo nascose finché qualcuno non riferì ai nazisti della sua presenza. Venne quindi affidato a padre Pons, che lo inserì in un istituto cattolico insegnandogli a non farsi riconoscere come ebreo. Ma padre Pons nascondeva un segreto che il giovane Joseph scoprì.
COMMENTI: come sempre, anche qui Schmitt dà il meglio di sé e riesce con poche pennellate a ritrarre personaggi e questioni difficili da trattare. Questo racconto non è una delle tante storie sulla Shoah, ma un vero e proprio inno all’ecumenismo.
L’AUTORE: nato Sainte-Foy-lès-Lyon in Francia il 28 marzo 1960, naturalizzato belga, è un scrittore, drammaturgo, traduttore, regista e sceneggiatore. Laureatosi in filosofia (e i suoi scritti ne sono pieni) i suoi più grandi successi sono in teatro e nello scrivere short stories che riescono a trasmettere concetti filosofici ed esistenziali anche difficili. Alcuni suoi successi letterari sono Oscar e la dama in rosa, La sognatrice di Ostenda, Odette Toulemond, Mous, Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano.