L’uccisione dell’afroamericano George Floyd la sera del 25 maggio a Minneapolis da parte di un agente della polizia ci obbliga a una riflessione. Una riflessione non nuova per la verità, che negli Stati Uniti è viva da molto tempo. Ne è la prova il libro Nero come me . Questo testo riporta l’esperimento, che potremmo definire antropologico, di John Howard Griffin, un giornalista bianco che, grazie a delle pillole in grado di stimolare enormemente la produzione di melatonina, si è finto nero, per poi fare un viaggio nel sud degli Stati Uniti. Ma non lo ha fatto recentemente, bensì negli anni Cinquanta, quando le leggi segregazioniste erano ancora in vigore. Ne è passato di tempo e molti diritti sono stati conquistati, anche se, non dimentichiamolo, Martin Luther King jr. ha dovuto pagare con la vita per aver lottato pacificamente in nome di quei diritti. Lo status sociale della maggior parte dei neri che nascono in America rimane comunque segnato sin dalla nascita. La visione interazziale che la televisione e il cinema offrono a noi italiani è falsata dal successo di pochi a cui, nella nostra immaginazione, ci riferiamo per rappresentarci i molti. La verità è che una persona di colore ha diritti se è ricca. Credo che in Italia questo problema sia minore o, più correttamente, la questione razziale ha un aspetto molto diverso. In ogni caso, Nero come me è un libro che, nonostante sia stato pubblicato nel lontano 1961, merita di essere letto perché permette ai lettori di entrare sotto la pelle e nel cuore di chi subisce il razzismo. Purtroppo in Italia non è più stato stampato, ma lo si può trovare nel mercato del libro usato e in qualche biblioteca. La scrittura è giornalistica, certamente non delle migliori, ed essendo un reportage risulta a tratti poco coinvolgente. Eppure vale davvero la pena leggerlo per capire l’origine di questo razzismo e della disparità che, in un paese capace di avere un presidente di colore, risulta ancora estremamente diviso all’interno della propria società. Ci aiuta anche a capire cosa significa essere guardati con gli occhi del disprezzo solo perché il colore della propria pelle non è quello gradito a chi ci circonda. E ci permette di analizzare meglio ciò che riguardo l’integrazione nel nostro Paese.