Anche se è facile trovare riferimenti nel libro Cambiare l’acqua ai fiori, l’incredibile funerale che descriverò di seguito non è frutto d’invenzione, ma è stato realmente celebrato sabato scorso. E’ il funerale che vorrei per me.
Il defunto era uno di quei sessantottini che ha saputo traghettare i propri valori, dichiaratamente legati al comunismo operaio di quegli anni, nei nostri giorni, trasformandoli in solidarietà, cultura e amicizia. Era un uomo che non si metteva in vista, sempre pronto a mediare, a riflettere. Un marito, un padre, un nonno la cui statura imponente e la voce profonda lo rendevano carismatico e allo stesso tempo empatico. In tre mesi si è ammalato ed è morto.
Il funerale è avvenuto al cimitero, senza alcuna funzione in chiesa. Si è aperto con la lettura di alcune righe scritte dal defunto, destinate proprio al suo funerale. Era un saluto a noi, che ci congedavamo da lui. E poi una richiesta: che ognuno dica o faccia ciò che vuole. Non so voi, ma io avevo letto solo nei libri di funerali in cui ci sono chitarre e fisarmoniche, persone che cantano De André e canzoni cubane, e letture di poesie. E, invece, è ciò che si è svolto sotto i miei occhi increduli e commossi. In mezzo a tutto questo, chi lo desiderava ha parlato per ricordarlo, per salutarlo. Spesso c’era chi evocava dei ricordi e mostrava con le parole un film d’altri tempi: una giovinezza trascorsa in un piccolo paese, dove si giocava a calcio sul sagrato della chiesa e si imparava a nuotare nel fiume Adige, attraversandolo d’inverno durante una passeggiata tra una sponda e l’altra quando si ghiacciava; l’esperienza del Sessantotto, con l’orgoglio di non aver abbandonato gli ideali di solidarietà e rispetto per i più deboli; l’amicizia vissuta lungo i sentieri dei boschi, per giungere a riunirsi attorno a un panino da condire con chiacchiere e canzoni.
E’ durato circa un’ora. Un’ora trascorsa dove riposano i morti, ma dove ha palpitato la vita. Ed è stato bellissimo. Credo che sia una fortuna poter scrivere qualche riga per il proprio funerale e lasciare le disposizioni su come celebrarlo. Troppo spesso questa possibilità è negata, cercando di proteggere il malato dal pensiero della morte che avanza, lasciandolo all’oscuro, quando anche il periodo del morire appartiene alla vita. Se chi rimane ha bisogno di congedarsi dai propri cari che lasciano questo mondo, anche chi se ne va ha bisogno di salutare a suo modo coloro che rimangano, chiudendo un cerchio che rende il trapasso, la naturale conclusione di un’esperienza. Un’esperienza incredibile chiamata vita.