Diciamo pure che questo anno fa un po’ schifo: certamente non sarò io a negarlo.
Oggi sono stato al terzo funerale nel giro di due mesi. Il Covid uccide, ma nel frattempo provvedono anche le cause consuete. La zia che ho salutato questa mattina se n’è andata a 82 anni, età più che degna per lasciare questo mondo. Lo vorrei anch’io per me. Niente piagnistei quindi, ma tanti bei ricordi di una persona che amava la vita e si è impegnata per non sprecarla. So di aver imparato molto da lei. E’ stato un elemento importante della mia famiglia e della sua storia, la primogenita del ramo materno.
Fin da piccolo ho sempre amato ascoltare le storie. Le chiedevo soprattutto a mia nonna (classe 1913). Mi mettevo sotto il tavolo e le chiedevo di ripetermi i racconti che già conoscevo: la vita di quando era giovane, le guerra e le vicissitudini dei suoi figli, tra cui mia madre e sua sorella. Oggi nel mare dei ricordi mi sono reso conto che la maggior parte non li posseggo. Nonostante la mia curiosità e le mie domande, credo di non aver chiesto abbastanza, soprattutto nell’ultimo periodo. Il passaggio del patrimonio delle storie familiari dovrebbe essere più curato da parte di tutti noi. Mi sono accontentato di ciò che già sapevo, dimenticando che il tempo passa e queste persone avrebbero tante cose da dire. E poi, diciamocela tutta: ci sono segreti familiari che cadono in prescrizione solo dopo anni e anni. Inoltre il tempo che passa permette di analizzare fatti che già conosciamo, ma dandogli un’interpretazione diversa e questo ci arricchirebbe enormemente.
Voglio fare un invito a tutti voi: fermatevi con i parenti anziani che pensate siano disponibili e parlate con loro. Fategli domande, siate curiosi, stuzzicate il loro desiderio di rivelare. Ci sono storie che non potranno ripetersi perché i tempi cambiano. Ci sono vicende che potrebbero riempire pagine e pagine di un libro infinito. Vicende che noi poi potremo raccontare ai nostri figli e nipoti. Cos’è l’immortalità se non questo?