Nel 1832 vi fu un’epidemia di colera che da Parigi si propagò in tutta la Francia e poi in tutta Europa. Nulla di nuovo sotto il sole quindi, ieri come oggi una pestilenza può propagarsi e diventare difficile da arginare. Ciò che merita una più attenta analisi è il comportamento della società e abbiamo un particolare strumento letterario di riflessione che può aiutarci a farlo.
Qui trovate un articolo scritto da Heinrich Heine che descrive la reazione della gente all’annuncio ufficiale dell’epidemia (festeggiamo riunendoci in un ballo e prendiamo in giro il morbo), la paura (corsa verso gli ospedali), la ricerca di una eziologia che sia in qualche modo controllabile (degli avvelenatori sono più gestibili di una malattia) e la ricerca di un colpevole (utilizzo di capri espiatori per sentirsi al sicuro).
L’incoerente presa di posizione della popolazione di fronte alla pandemia cui stiamo assistendo oggi assomiglia a quella di allora. Eppure oggi abbiamo una scienza medica avanzata, mentre allora non c’era: perché quindi esistono ancora persone che negano l’evidenza o cercano una genesi alternativa a ogni costo? La letteratura ci indica molti tipi di atteggiamenti umani e cerca di esplorarli, ma senza mai trovare una risposta definitiva. Heinric Heine qui ci pone davanti a una cronaca, Albert Camus nel suo libro “La peste” entra più in profondità dell’animo umano, mentre “Cecità” di Jose Saramago immagina qualcosa di ancora più subdolo, sia dal punto di vista della malattia, che riguardo le reazioni sociali e personali.
Poi arriva Alessandro Manzoni con “I promessi sposi“, ma ancora di più con “Storia della colonna infame“. Tanti punti di vista, nessuno perfetto e tutti condivisibili. E la certezza che Giambattista Vico, con i suoi flussi e reflussi, ci aveva visto giusto.