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Strani ricordi di Natale tra libri e ospedale (in anticipo)

 

Mentre imperversano le discussioni politiche su come sarà il prossimo Natale, io mi ritrovo a lavorare con libri natalizi, che mi hanno improvvisamente e anticipatamente proiettato in un’atmosfera che non riesco ancora a capire se gradisco o meno.
I libri di Natale sono un classico a cui è difficile sottrarsi, sia da parte dei lettori che da quella degli scrittori. Anche i più grandi alla fine si sono arresi e qualcosa sul Natale lo hanno scritto.

Devo dire che tutto questo mi appare strano. Amo il Natale quel tanto, ma non di più. Certi libri mi aiutano, maggiormente la preparazione dei laboratori natalizi di biblioterapia che, quando li tengo, mi costringono a entrare nell’atmosfera e, mio malgrado, ne rimango coinvolto. Non lo so, trovo tutto così strano! Tutto dipende dai punti di vista.

Sono trent’anni che non faccio vacanze nel periodo natalizio. Quest’anno sarà la prima volta dal 1990, quindi anche se non potrò andare da nessuna parte sarà incredibile lo stesso: vigilia, Natale e Santo Stefano tutti e tre i giorni a casa! Non riesco neppure a immaginarmelo. Ovviamente non posso non pensare ai miei colleghi (non riesco a dire ex colleghi e credo non ci riuscirò mai) che lavorano duramente e per i quali sarà ancora più faticoso nel periodo natalizio. Nel libro di Marco Venturino Cosa sognano i pesci rossi si racconta di un Natale in ospedale in cui tavole improvvisate nei corridoi venivano allestite per festeggiare, nonostante il luogo di sofferenza. Non è proprio così che accade nella realtà (a volte è faticoso anche trovare solo il tempo di sedersi), ma in qualche modo si cerca di vivere le festività anche in questo particolare luogo di lavoro. E non avete idea di quanto gli infermieri (e gli operatori) cerchino di allietare i pazienti con auguri, antenne luccicanti sulla testa e addobbi improvvisati. E non si tratta di un compito che gli viene chiesto, ma di uno slancio personale che considerano parte della cura fatta di relazione e vicinanza. Penso ai pazienti che vivranno il Natale in isolamento, non solo nel reparto Covid, ma anche negli altri. E vorrei rassicurare i parenti di quelle persone a cui non potranno stare vicino che avranno occhi sorridenti e un augurio sentito da parte del personale ospedaliero a sostituire i loro. Non sarà come se fossero a casa, certo, ma un po’ di calore umano non mancherà comunque

Certo che partire per scrivere dei libri di Natale e arrivare al nostalgico è alquanto preoccupante. Sarà il periodo che mi fa questo effetto e temo quando entrerò nel mese di dicembre, ma questo post è uscito così. E così lo lascio per voi.

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