Negli studi necessari per comprendere le modalità di sviluppo della biblioterapia ci sono quelli in cui si incrociano ambiti letterari e neuroscienze. Questo è vero nel valutare alcuni effetti della lettura, come lo sviluppo dell’empatia, ma anche per comprendere meglio Il futuro della lettura, che sta evolvendo sia dal punto di vista dei contenuti proposti, sia di quello del supporto di lettura.
Empathy at the confluence of neuroscience and empirical literary studies è una revisione della letteratura che cerca di far luce su questo argomento attraverso gli studi più accreditati del momento. Pubblicato nel 2016, ci indica lo stato dell’arte, ma anche la necessità di studi futuri.
DESCRIZIONE DELLA RICERCA
Questa interessante revisione della letteratura parte considerando la lettura come strumento valido per sviluppare l’empatia. Tale affermazione viene confermata da molti studi, che considerano come l’empatia, che nasce dalla lettura, sia simile a quella che si attiva nelle relazioni della vita reale. Questo diventa maggiormente possibile quando la lettura è vicina alle esperienze pregresse del lettore. Il processo di identificazione favorisce tale meccanismo. Gli aspetti sociali, emotivi, sensoriali del background personale del lettore sono tra gli elementi che, se contenuti nella narrazione del libro, favoriscono l’empatia. Questo è ancora più vero quando parliamo di romanzi. Chi legge saggistica tende a sviluppare meno empatia rispetto a chi legge romanzi. La narrativa influenza l’empatia del lettore, ma solo quando questo viene coinvolto dalla storia. Nella saggistica tale coinvolgimento è molto meno probabile. E’ importante considerare che la narrazione, definita come finzione letteraria, crea maggiore empatia rispetto allo stile narrativo in sé. Più semplicemente, è la trama che sviluppa le abilità empatiche, non tanto il registro narrativo. La finzione letteraria è l’unico strumento a permettere l’accesso a esperienze personali di altri, rendendo possibile entrare in contatto con elementi personali molto profondi altrimenti preclusi. Ciò non toglie che la posizione dei lettori, sviluppata grazie alle tecniche narrative (ad esempio la focalizzazione interna rispetto a quella esterna) hanno la loro importanza. Possiamo distinguere una empatia cognitiva da quella emotiva. L’empatia cognitiva permette di pensare come pensa l’altro, mentre l’empatia emotiva consente di sentire ciò che sta provando l’altro.
Le neuroscienze stanno sempre più avanzando nuove ipotesi rispetto al ruolo dei meccanismi cerebrali nel processo di empatia sviluppato dalla lettura. Tra le nuove supposizioni vi è quella che indica come anche nella lettura silenziosa sia coinvolta la corteccia uditiva. Anche l’importanza del tatto, all’apparenza inutile nella lettura, si sta scoprendo essere importante. Alcuni studi indicano come sia possibile essere più o meno empatici dopo essere entrati in contatto con una superficie liscia o ruvida. Questo suggerisce che l’utilizzo di un libro cartaceo rispetto a un e-reader (o altro dispositivo elettronico) possa influire nei processi di lettura e, conseguentemente, nell’acquisire empatia.
CONCLUSIONI
Questa ricerca fornisce a chi si occupa di biblioterapia, e non solo, alcuni interessanti suggerimenti:
- La scelta del libro per sviluppare empatia deve tener conto di un’attenta raccolta dati che consideri le capacità di lettura, ma anche il vissuto del lettore;
- Anche quando l’obiettivo è quello di sviluppare empatia verso il mondo reale non bisogna avere paura di utilizzare i romanzi e neppure i fantasy o le fiabe;
- Vanno ricercati libri che siano sufficientemente coinvolgenti e questo è possibile considerando le abilità di lettura e gli interessi del lettore;
- La preferenza dei lettori rispetto al supporto di lettura cartaceo o digitale va assecondato senza pregiudizi se mettono a proprio agio il lettore, ma rimaniamo in attesa di ulteriori studi considerando che quando sono strumenti che abbattono alcune barriere (lettori con diversi gradi di disabilità) sono indispensabili in ogni caso.
I ricercatori sono concordi nell’affermare che sono necessari ancora numerosi studi per confermare determinati meccanismi. Soprattutto, è necessario realizzare ricerche che utilizzino gli strumenti propri della narratologia, coinvolgendo anche le neuroscienze, favorendo una contaminazione scientifica che può fornirci molte più informazioni delle ricerche “pure”.