Anche in stato di prigionia, l’arte può diventare uno strumento di sopravvivenza, di libertà nonostante tutto. Ogni volta che studio questo argomento rimango stupito di quanto questo possa essere stato vero e dei modi in cui è stato realizzato. Certo, non da tutti. Coloro che nei campi di concentramento nazisti hanno messo in atto questo sono pochi e già in qualche modo sensibili alla questione. Erano persone che precedentemente, nella vita quotidiana, avevano a che fare con l’arte e questo ci dice una cosa importante: amare l’arte in tempi di benessere ci fornisce di strumenti da utilizzare nelle difficoltà.
Compositori di musica, scrittori, poeti sono stati salvati dall’arte, ma hanno cercato anche di renderla disponibile per altri. Improvvisazioni di spettacoli teatrali travestiti affinché i tedeschi non comprendessero il vero significato della rappresentazione, ma arrivasse nei cuori dei prigionieri. Scuole clandestine o lezioni improvvisate per rendere viva la sete di conoscenza che induceva alla vita per averne di più. Canzoni intonate per rallegrare i momenti più bui stimolando emozioni ormai nascoste. Ne parlerò stasera (vedi qui), ma ci sarebbe da parlare anche dell’esercito silenzioso che ha lavorato, soprattutto in Italia, per salvare il patrimonio artistico, sfidando fascisti e nazisti, rischiando la vita per amore dell’arte. Ma questo è un altro argomento di cui spero potrò discutere in un’altra occasione, aiutato dai bellissimi libri che testimonieranno le loro gesta per sempre. Intanto mi preparo per stasera con la consueta emozione di condividere libri e storie con gli altri.