Progetto senza titolo (33)

Storia di un gruppo di lavoro felice

La mia attività a tempo pieno con la biblioterapia è cominciata subito dopo la pandemia. Per dieci anni avevo lavorato con i libri ovunque mi chiamassero e, contemporaneamente, in ospedale come infermiere. Da quasi un anno e mezzo mi occupo solo di formazione e laboratori, insieme ad altre attività che hanno sempre e solo a che fare con la letteratura, l’arte e la musica. In questo periodo di pandemia c’è stata una cosa che non ho mai potuto fare e che desideravo tanto: salutare i compagni di viaggio della mia vita precedente.

Quando il gruppo fa la differenza

Chi lavora in ospedale all’interno dei reparti di degenza soprattutto mi può capire, ma anche coloro che vivono condizioni di lavoro in gruppo per qualsiasi attività svolta: la vita cambia radicalmente se operi con un buon gruppo o meno. Io ho avuto la fortuna di stare per anni con persone meravigliose, professioniste/i con cui ho condiviso molto più che la sola attività professionale. Era una seconda famiglia in cui mi sono sempre sentito accolto e a cui raccontavo, sentendomi ascoltato e compreso, anche le cose più personali tanta era la fiducia che riponevo in loro. Non solo. Quando ho cambiato radicalmente la mia vita proiettandomi verso una realtà professionale completamente diversa, ho sentito in modo profondo la loro felicità per me. Avrebbero potuto detestarmi, invidiarmi o semplicemente ignorarmi: invece ho sempre percepito il loro amore.

Affrontare il bello e il brutto

A distanza di quasi un anno e mezzo, finalmente sono riuscito a incontrale/i per festeggiare, per salutarci come si deve. Pensavo l’avrei vissuto come un addio. E, invece, è stato uno splendido arrivederci. Persone così belle non si possono lasciare. Desidero, e mi impegnerò per realizzarlo, rivederle, ritrovarmi in un ambito diverso: fuori dall’ospedale c’è il mondo! Non potrò più trovarmi a bere il caffè in cucinetta con loro prima di iniziare il turno, a gestire un’urgenza con la complicità e la forza di una squadra, a lamentarmi del nulla o di un problema insormontabile. E non potrò più ridere giorno dopo giorno con loro, che è sempre stata la nostra cosa più bella.

Burnout e mobbing: realtà incontrastate

Nei 29 anni di professione in ospedale ho vissuto anche periodi in cui lavorare è stato angoscioso, dove mi sentivo sempre e solo usato e calpestato, mai considerato. Dove talvolta ero vessato anche pesantemente. Possiamo chiamarlo burnout, mobbing (due cose diverse, ma che spesso si sovrappongono) o come volete, ma la realtà è che si tratta di un problema enorme che ha risvolti economici (chi sta male sul lavoro non porterà mai i risultati di chi sta bene) e individuali (stress che porta anche a disturbi fisici e mentali) di cui in Italia ci si occupa pochissimo, se non a parole, sia nelle strutture pubbliche che in quelle private. Considero i questionari sul benessere organizzativo e tutte le finzioni burocratiche che si sostiene essere destinate al miglioramento solo una farsa e si vede chiaramente dalle iniziative risibili e dai continui problemi che sono certo molti potrebbero testimoniare.

I frutti del lavorare bene in gruppo

L’immagine che vedete sopra è il biglietto che ha accompagnato il regalo che ho ricevuto: disegno e parole dicono tutto (by Anna Bonizzato). È l’augurio sincero da parte loro. E per questo voglio dire grazie non solo per l’attività infermieristica svolta insieme, ma anche per tutto il sostegno che mi hanno sempre dimostrato, ascoltando le mie apologie sui libri e sulla biblioterapia che oggi è arrivata anche in università, ma negli anni passati erano loro ad aiutarmi a coltivare con amore questa passione, mettendosi in gioco e portando loro stesse/i i libri ai pazienti, testimoniando una buona volontà che non è da tutti.

GRAZIE Alessia, Annalisa, Annamaria, Celina, Chiara, Cristina, Debora, Elisa, Eva, Federica, Gigi (rappresentante dei begli anni della cardio), Ilaria A., Ilaria B., Lara, Laura, Liliana, Luigi, Maria, Marta, Miriam, Roberta, Silvia, Valentina, Valeria P. ,Valeria T. (e un grazie anche a chi è stato mio alleato anche solo per un breve tratto di strada.

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