Quando parliamo di biblioterapia, talvolta rischiamo di vedere solo l’utilizzo più appariscente della parola. Anche se mi piace dire che “un libro può salvare la vita” non significa che l’utilizzo della letteratura ha senso solo quando raggiunge risultati eccezionali e chiaramente terapeutici. Io, poi, che utilizzo la biblioterapia dello sviluppo, ovvero quella che mira alla crescita personale e non ha implicazioni mediche, sento questa differenza ancora di più. La mia vita è salvata da un libro quando mi aiuta ad allontanare i cattivi pensieri in un periodo difficile; ogni volta che mi permette di osservare il mondo con occhi diversi; tutte le volte che mi restituisce alla realtà emozionato e commosso o sorpreso oppure stordito. È da qui che si parte per provare il potere salvifico dei libri. Questa è biblioterapia, questo è il vero miracolo dei libri.
Quello che può davvero la biblioterapia
Nel 2015 ho tenuto un corso intitolato Biblioterapia contro la malinconia: iniezioni di letteratura per combattere la tristezza. Miravo a realizzare un percorso in cui l’esplorazione della letteratura, utilizzando gli strumenti della biblioterapia, permettesse ai corsisti di guardare alla vita con maggiore positività. Poco, direte voi, per essere biblioterapia. Per me, invece, sono traguardi importanti che hanno cambiato loro e me. Quell’esperienza mi ha permesso di entrare in una dimensione profondamente letterararia senza rinunciare a obiettivi concreti di crescita. Grazie a l’Antologia di Spoon River ho trovato un modo diverso di parlare con i miei corsisti. Provando ha sperimentare un monumento come Saggi di Montagne mi sono trovato nella difficoltà e nell’entusiasmo di mettere le mani in qualcosa che non conoscevo e che riusciva anche a turbarmi. Quando sono arrivato a Shakespeare, mi sono innamorato follemente non so più se delle sue opere o della leggenda biografica dell’autore. Ed è quell’anno che il Piccolo Principe mi ha fatto dannare, lasciandomi basito senza capire perché. E poi Kafka, che con le sue lettere ha parlato di tutti i nostri padri, simili o diversi dal suo, lasciandoci senza respiro.
Misure empiriche d'efficacia
Io non so se le persone che hanno seguito quel corso hanno potuto sviluppare un processo di crescita o meno. Anzi, in realtà lo so, perché alcune di loro continuano ancora oggi a seguire i miei laboratori e questo mi fa pensare che la mia biblioterapia sia utile, confortante e stimolante. Certamente lo è per me. Credo che la prima misura dell’efficacia di un laboratorio per un professionista si possa verificare con gli effetti che ci sono stati in lui stesso. Ci si mette in gioco sempre con la biblioterapia, non si può barare. Non è una tecnica sterile che può praticare un impiegato, un tecnico. I libri hanno cuore, senza di quello nulla può essere fatto. E ho una certezza: ogni lettore, biblioterapista o utente, non può che essere d’accordo.