Che le donne leggano più degli uomini non è una novità. Se leggete l’ultimo rapporto Istat sulla lettura pubblicato a inizio 2021 (qui) trovate una chiara conferma. Questa differenza, presente ma non straordinaria, mostra uno sbilanciamento quando si tratta di condividere la lettura, in particolare nei laboratori di biblioterapia: perché?
Alla ricerca dell'uomo perduto
Il 99% dei partecipanti ai laboratori di biblioterapia è composto da donne. Non credo sia molto inferiore quando si tratta di gruppi di lettura. È una percentuale assolutamente sbilanciata rispetto ai dati sui lettori. È vero: le donne che leggono sono di più, ma non in percentuale tanto alta. Certamente chi partecipa a certe iniziative è composto quasi esclusivamente da lettrici presenti nella ricerca Istat, ma dove sono finiti gli uomini che mancano all’appello?
Il problema degli stereotipi di genere
Partiamo da un’ipotesi da verificare, ma molto probabile: il problema non è la lettura, ma la condivisione. Laddove si condividono i sentimenti e le opinioni non si trovano uomini. Loro tendono a dire ciò che pensano in contesti professionali e politici, e quindi senza esporsi troppo. L’emotività è bandita. Esprimono la propria opinione, ma non il proprio sentire. Un uomo agisce, non si sofferma a pensare ai suoi sentimenti, tanto meno ne parla con altri e vi riflette insieme. Siamo di fronte né più né meno a uno dei tanti problemi legati agli stereotipi di genere, che spesso sono introiettati a tal punto da non essere nemmeno riconosciuti da chi li incarna. Ma il problema non è solo questo
La differente crescita dei lettori maschi e femmine
Anche nel tipo di lettura, i maschi hanno dei limiti che vanno aumentando con l’età. Se nel periodo scolastico, soprattutto durante la scuola primaria, hanno la possibilità di condividere le stesse letture delle compagne, successivamente si apre un divario. Le ragazze entrano in contatto con libri spesso fin troppo sdolcinati, da cui i maschi si allontanano, soprattutto perché incarnano un rapporto di coppia idealizzato al femminile in cui non si possono specchiare. Nell’editoria contemporanea c’è una spinta alla differenziazione di genere. I libri cosiddetti Young Adult rappresentano per l’editoria l’occasione per inserirvi tutta una serie di pubblicazioni indirizzate nel linguaggio e negli argomenti soprattutto a ragazze, che più facilmente sono fidelizzabili alla lettura. E i ragazzi? Spesso un ragazzo che legge tende a cercare altrove, nella letteratura che non possa essere considerata da donne e che lo contraddistingua dagli altri. Crescendo questo divario crescerà, allontanandosi definitivamente dai romanzi troppo sentimentali, concentrandosi sui romanzi storici, saggi e letture per lavoro. Sia chiaro: non è una regola, ma un’analisi nata dall’osservazione empirica. Io stesso sono stato un ragazzo che leggeva ogni cosa, indirizzata a maschi o a femmine, onnivoro, che oggi condivide le proprie letture e le proprie emozioni, addirittura per lavoro. Visto che rappresento l’1% di uomini, credo di potermi considerare una percentuale sufficiente per trovarvi un significato: lettori differenti provocano scelte differenti.
Quello che gli uomini si perdono
La mancanza di partecipazione ai laboratori di biblioterapia degli uomini si traduce in due conseguenza. La prima riguarda la mancata occasione di condividere e sperimentare questo strumento. È una scelta personale, probabilmente non avrebbe senso spingere di più perché partecipino. Quando lavoro in contesti in cui l’iscrizione non nasce dal desiderio di fare un percorso di crescita, ma perché il laboratorio fa parte, ad esempio, di un corso di formazione professionale, ho visto che non hanno problemi a partecipare. Anche a condividere una parte del loro sentire interiore gli risulta possibile. Certo, in questo caso non si lavora con un obiettivo di crescita personale, ma professionale, e questo cambia la sua percezione. Parlare di sé per crescere professionalmente può essere fatto, ma non per una crescita emotiva: non è virile. Ecco che gli stereotipi di genere si affacciano di nuovo.
La seconda conseguenza è simile a quelle che riguarda certi argomenti in genere. Ad esempio, quanti uomini in generale partecipano a gruppi sui padri? La biblioterapia è uno strumento che potrebbe dare ottimi frutti in contesti come questi. Eppure quando vengono presentati rischiano di andare deserti, mentre quelle per le madri no.
Qualcosa può cambiare
Per concludere, mi sento di dire che la questione rimane aperta. Siamo in un momento storico in cui la consapevolezza degli stereotipi di genere fanno male e che nella maggior parte dei casi non hanno neppure senso. Fino a non tanti decenni fa un uomo si vergognava a portare il figlio in carrozzina per strada o aveva problemi a dichiarare di occuparsi di faccende domestiche. Domani potrebbe accorgersi che condividere letture e sentimenti lo rende non solo più sensibile, ma anche più forte. Sarebbe un passaggio epocale non da poco.
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