C’è un tema molto dibattuto riguardo la biblioterapia: quali prerequisiti servono per partecipare efficacemente a un laboratorio? Se vogliamo valutare la questione, dobbiamo focalizzarci su due questioni: l’essere lettori e il background culturale.
Possono i non lettori partecipare ai laboratori di biblioterapia?
Questa è una domanda che mi sento rivolgere spesso e la risposta è: dipende. Gli studi condotti durante tutto il Novecento indicano come prerequisito un interesse almeno minimo alla lettura. Quel “minimo” va però valutato e misurato. Oggi siamo in una situazione per cui l’alfabetizzazione di base è ormai diffusa e nonostante l’alto tasso di “non lettori” non possiamo considerarli tutti perduti. Quando parliamo di interesse, si tratta soprattutto della disponibilità a lasciarsi coinvolgere dalle storie, di accettare il patto lettore-autore in cui si entra nella dimensione narrativa accettando come vera la situazione descritta nel testo. Ma neppure la questione della capacità di lettura è un ostacolo. Ad esempio, le persone con dislessia spesso sono connotate da una disaffezione per la lettura. Questo è dovuto alle difficoltà incontrate fin dai primissimi anni di scuola in cui leggere era una tortura. Queste persone possono essere coinvolte comunque grazie alla lettura a voce alta e gli audiolibri, che rendendo il laboratorio di biblioterapia uno strumento di avvicinamento alla narrazione e ai libri nonostante le difficoltà.
Anche per i “non lettori” per scelta c’è possibilità di entrare nel mondo della biblioterapia. Attraverso un processo intermedio tra promozione della lettura e laboratorio di biblioterapia, si può giungere alla sollecitazione del desiderio di lettura in soggetti restii di ogni età. In questo caso, l’argomento proposto è determinante. Ad esempio, proporre ad adolescenti consumatori di videogiochi un laboratorio in cui il tema dominante riguarda l’ambientazione dei videogiochi stessi, è possibile spostare la loro attenzione dal video al libro, mantenendo comunque alto l’interesse. Da lì in poi tutto sta nell’abilità del facilitatore di sviluppare passaggi evolutivi per rendere efficace il laboratorio.
I prerequisiti culturali
Altro quesito frequente riguarda le conoscenze che si devono avere per partecipare a un laboratorio. Alla base di questa domanda c’è un preconcetto: per svolgere un’attività dove si utilizzano i libri è necessario avere un livello culturale medio-alto. Questo è assolutamente falso. La biblioterapia non è un’attività didattica, anche se come “effetto collaterale” può portare una maggiore conoscenza (vedi qui). La discussione attorno al testo riguarda argomenti generali e personali che affiorano dalle vicende descritte. Il facilitatore ha il compito di adattare il livello concettuale e culturale a seconda delle necessità dei partecipanti. In questo modo può far raggiungere a chiunque oltre che la possibilità di interazione con il gruppo, anche una nuova consapevolezza di sé e del mondo.
Il piacere come fulcro
Chi partecipa a un gruppo di biblioterapia deve prima di tutto farlo con piacere. Il piacere può derivare dall’amore per la lettura, dal desiderio di lavorare con un gruppo, dall’argomento proposto, dalla curiosità di sperimentare una cosa nuova o da qualsiasi altro motivo. È fondamentale che non venga vissuto come qualcosa di pesante e stressante o noioso. Un ostacolo a questo è il termine stesso di “biblioterapia“. In molti vedono nel suffisso “terapia” qualcosa di sgradevole come può essere l’evocazione di una malattia o una medicina. Ma non è così. Il prendersi cura di sé attraverso i libri è uno dei piaceri più intensi realizzabili senza difficoltà. E questo può accadere anche a chi non è particolarmente amante dei libri. Ho avuto esperienze con persone che vivevano il momento del laboratorio come unico legame con questo piacere, senza leggere alcunché al di fuori. Non posso negare che se fosse riuscita a superare l’impasse riguardo la lettura avrebbe potuto ottenere maggiori risultati, ma non è questo il punto. Quando si utilizza la biblioterapia, ognuno trova la propria dimensione, entra nel gruppo senza alcuna forma di concorrenza. Niente ansia da prestazione. Nessun giudizio. Gli unici prerequisiti necessari sono la curiosità e il desiderio di vivere un percorso che sia a propria misura.