Quando ero un infermiere

Quando ero un infermiere

È passato un anno e mezzo da quando facevo l’infermiere e mi sembra una vita fa. Questo è il secondo anno che non passo in corsia e mi sembra quasi un peccato, una colpa. In questo periodo soprattutto, dopo questo lungo periodo di pandemia, penso ai miei ex-colleghi e alla fatica della professione che era già tanta e ora si è moltiplicata a dismisura. Eppure, ancora una volta, saranno loro a portare il Natale a chi ne ha più bisogno.

Natale in ospedale

Quando ero un infermiere dovevo scegliere se lavorare una festività o l’altra: dilemma! Che turno avevo lo scorso anno? Se mi chiamano per sostituire una malattia riuscirò a partecipare almeno a una cena con la mia famiglia? Ricordo l’anno in cui avevo solo il primo dell’anno a casa e vi dovetti rinunciare perché all’ultimo una collega era stata male. C’è da dire che se un infermiere può lavorare in gruppi come io ho potuto fare negli ultimi vent’anni, si ritrova al lavoro con la sua seconda famiglia che ti consola e ti capisce. Cappellini di Natale o corna di renna come cerchietto e avanti con il lavoro, allegria e dovere nello stesso momento per stringere la mano ai pazienti che avevano bisogno di speranza, di sapere che stava andando tutto bene. Io ero, ovviamente, quello che portava i libri, qualcun altro preparava gli addobbi, altri mettevano un po’ di musica. C’è uno spirito del Natale speciale in ospedale, ma non per questo è meno dura. Oggi più di ieri.

Gli infermieri oggi

Non credo sia vero che dopo la pandemia il sistema sanitario sia meglio considerato. Gli eroi della prima pandemia sono diventati quelli che hanno voluto quel lavoro e che quindi è un problema loro se è più duro. Come a dire: prima cazzeggiavano, finalmente lavorano davvero. La pressione che si sente facendo l’infermiere da più parti è notevole, sempre, non solo oggi. Ogni cosa agìta dall’infermiere è giudicata con il preconcetto di essere parte di un sistema che non funziona, che essendo un lavoratore pubblico è un lavativo. Ho qualche dubbio pure sul cambiamento dall’interno. Mi dicono che nei reparti Covid si lavorano le stesse ore di prima, ma in condizioni a dir poco disagevoli e senza aver previsto dei correttivi. Li ho provati il camice, i guanti, la mascherina, la visiera, i sovrascarpe, la cuffia e posso dire che un turno intero in quelle condizioni senza poterteli togliere mai è dura. E poi lo stress di vedere la gente in condizioni estreme, di gestire apparecchiature medicali complesse, di collaborare con specialisti di ogni genere supera l’immaginabile. Forse per questo, per la prima volta nella storia, c’è un numero di dimissioni dagli ospedali rilevante di cui si parla poco.

Infermieri h 24

Il lavoro di infermiere è considerato dalla società una professione squalificante, nonostante la preparazione che oggi avviene in università. Oggi che non svolgo più questa attività mi dicono: “Beh, se ti va male con la biblioterapia puoi sempre tornare a pulire il culo ai vecchi”. Peccato che fare l’infermiere sia molto di più. E ancora oggi mi trovo a pensare a quello che ho fatto bene, ma soprattutto a ripensare se avrei potuto fare meglio. Ripensare se avrei potuto fare meglio un massaggio cardiaco, un’iniezione, una medicazione. Ripensare se avrei potuto protestare di più per una scelta che non condividevo, oppure se sarebbe potuto essere più giusto stare zitto. Quando torni a casa e sei un infermiere, non chiudi la porta dietro di te e finisce tutto. A Natale è anche peggio. Padri e madri si chiedono: ma questa professione è la scelta giusta per l’equilibrio dei miei figli? Per la mia vita di coppia? Per le relazioni sociali con gli amici?

Infermieri a Natale e non solo

Quando ero un infermiere, come tutti lo rimanevo anche in abiti borghesi. E se mi trovavo con un amico che era un collega, non riuscivamo a non parlare di lavoro, con grande stizza dei nostri rispettivi partner. Oggi che non lo sono più qualcosa è cambiato, ma continuo a pensarci, oggi soprattutto. Gli infermieri sono dei folli idealisti che impiegano anni per rendersi conto di non poter cambiare il mondo. C’è chi pensa che sia possibile a Natale. Loro ci provano ogni giorno. Nonostante tutto.

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