Il mio professore di Letteratura moderna e contemporanea dell’Università di Verona dove mi sono laureato era il professor Mario Allegri. Il professor Allegri era uno di quei docenti che o lo amavi o lo odiavi. Io lo amavo, tanto che è stato grazie a lui che ho potuto scrivere la mia prima tesi di laurea sulla biblioterapia. Ma soprattutto, è stato grazie a lui che prima di capire gli scrittori con la mente, li ho sentiti con il cuore. E per chi si occupa di biblioterapia, questa capacità è di primaria importanza.
Un centenario importante
In un suo post su Facebook (è sempre stato restio ai social, ma ringrazio chi gli ha fatto cambiare idea e ci permette di restare in contatto con le sue idee) mi ha ricordato che nel 2022 ricorre l’anniversario per il centenario della nascita di tre giganti della letteratura italiana: Luigi Meneghello, Beppe Fenoglio e Pier Paolo Pasolini. Se quest’ultimo è il più noto, altrettanto grandi sono stati Meneghello e Fenoglio. Ma mentre Pasolini continua a essere ricordato in virtù della sua morte violenta e per la sua poliedrica vena artistica (come non rivedere i suoi film?), Meneghello e Fenoglio a stento sono riconosciuti per la loro importanza nella letteratura italiana. Con il 2022 vorrei spolverare i miei libri dell’Università e creare dei laboratori di biblioterapia, dove approfondire aspetti delle loro opere, che hanno ancora molto da dirci. Ma voglio cominciare subito a condividerne con voi alcuni aspetti.
Meneghello, un emigrato atipico
Luigi Meneghello ha vissuto buona parte della sua vita tra l’Inghilterra e Vicenza. Ha insegnato all’Università di Reading, ma ha sempre avuto nel cuore l’Italia. Partigiano, sposato con una donna inglese ebrea che durante la guerra visse la tragedia dei campi di concentramento, la sua scrittura ci racconta un’Italia e una lingua italiana che oggi sembrano lontane. Eppure nei suoi libri ci sono le nostre origini, quasi irriconoscibili, eppure autentiche e forti. Soprattutto per chi abita nel nord-est d’Italia, in Meneghello può trovare quel calore e quella familiarità che un tempo si trovavano nei racconti dei nonni e nel rispetto di una lingua che poteva essere anche il dialetto, ma senza giudizi classisti. A questo, Meneghello ha saputo unire un registro piacevole e spesso ironico. Un libro per tutti? Libera nos a Malo, il più conosciuto, ma non so se il più bello.
Fenoglio, il genio scomparso troppo presto
Beppe Fenoglio era il genio delle cosiddette Short Story, ovvero i racconti e i romanzi brevi. Nel caso di Fenoglio, non è fuori luogo utilizzare parole straniere, inglesi in particolare, perché significavano per lui libertà. Il mito degli Stati Uniti era una sua costante, non certo per moda, ma per il desiderio di aspirare a valori che il fascismo non gli permettevano di godere in patria. Dopo la guerra si dedicò alla traduzione di opere dall’inglese e alla scrittura di racconti che ci narrano l’esperienza del partigiano in modo vivo e umano, senza dimenticare che attorno a lui esisteva una famiglia e una comunità. Famiglia e comunità che in qualche modo ne condividevano la sorte e le scelte, nel bene e nel male. Purtroppo, oggi quando si parla di partigiani lo si fa in modo sommario e come contraltare alla destra politica, mentre c’è molto di più da sapere. Il partigiano Johnny è il suo libro più noto, anche se a mio avviso la profondità che c’è nei racconti non si trova. C’è da dire che spesso il successo editoriale di un’opera percorre vie sconosciute alla qualità del testo. La particolarità della lingua utilizzata nel Partigiano Johnny ha avuto la meglio, e non so se sia stato un bene. C’è poi una domanda che si pongono gli amanti di Fenoglio: cosa avrebbe potuto ancora scrivere un genio letterario che ha dato così tanto pur vivendo soli quarant’anni?
Ti interessa essere informato quando saranno disponibili i laboratori su Meneghello, Fenoglio e Pasolini? Iscriviti alla newsletter qui.
LEGGI ANCHE LA PAURA DEL GIUDIZIO NEI LABORATORI