Quando parliamo di narrazione, parliamo di un mondo molto vasto. Dentro possiamo includerci tutte le modalità utilizzate per trasmettere messaggi in cui ci sia una sequenza di eventi, un coinvolgimento emotivo e un senso di empatia da parte dei riceventi (approfondisci il modello della comunicazione di Jakobson qui). Se cerchiamo di focalizzare questo processo sullo strumento libro, ci accorgeremo che le cose diventano complicate e poco chiare. I libri sono portatori di svariati contenuti. Mentre un tempo erano soprattutto il veicolo per la letteratura (e della scienza), oggi non è più così. Quand’è che leggiamo letteratura? E quando ci troviamo di fronte a libri che contengono altro?
Prime differenze
Per capire quando teniamo tra le mani un libro di letteratura o una semplice operazione di storytelling, dobbiamo distinguere tra ciò che è letteratura e ciò che non lo è. Concetto facile da capire? Vi dico subito che la cosa, invece, è complicata. Se partiamo dalla definizione della Treccani di letteratura (qui) dovremmo prendere in considerazione come tale tutto ciò che viene affidato alla scrittura. Questo poteva considerarsi vero nel passato, quando le pubblicazioni erano poche e la carta costava così tanto che, per decidere di pubblicare un’opera, c’era una selezione rigida e attenta. Dare alle stampe un libro significava dargli gloria se non eterna, certamente ultradecennale. Oggi dopo sei mesi un libro è già vecchio. E qui arriviamo a una prima scoperta: la letteratura invecchia, lo storytelling no.
Lo storytelling nei libri
Oggi ci stracciamo le vesti dichiarando che la letteratura è morta, sostituita da libri di cattiva qualità. Io credo che non sia proprio così. Il problema è un altro: quella che consideriamo letteratura talvolta non è letteratura. La cosiddetta letteratura di bassa qualità spesso è tutt’altro, ovvero è un’operazione di storytelling. E non sempre il prodotto è di cattiva qualità, ma viene semplicemente considerato altro. La promozione della lettura spesso si limita ad incoraggiare solo a leggere qualsiasi cosa. Invece, un lettore necessita di strumenti per capire cosa leggere. Poi può decidere che preferisce libri che noi consideriamo pessimi, ma nella maggior parte dei casi la scelta non avviene: si guarda una copertina, ci si lascia influenzare e si compra (le biblioteche sono frequentate solo dai lettori forti). Il marketing riesce così a farla da padrona. Offre a chi non ha strumenti una vetrina da cui scegliere e a cui tornare. È una narrazione studiata per creare una sorta di dipendenza, in cui i concetti sono chiarissimi, il lessico è basilare e l’evocazione emotiva è prepotente e mai sfumata. Se poi gli autori di questa narrazione (o i loro ghostwriter) sono personaggi televisivi o dei social, lo storytelling chiude il cerchio di un racconto iniziato al di fuori della scrittura e che diventa oggetto fisico ed emotivo nel libro. Ma tutto questo non è letteratura.
I prodotti ibridi
Nel 2009 il tennista Andre Agassi dà alle stampe la sua biografia dal titolo Open e riscuote un enorme successo e un altrettanto sdegno da parte dei puristi della letteratura. Io l’ho letto e mi è davvero piaciuto. Ma c’era qualcosa che non mi tornava: da quando uno sportivo riusciva a scrivere con una tale capacità letteraria? Se la copertina era quantomeno fuorviante, dato che l’autore dichiarato era Agassi senza l’aggiunta di un collaboratore, in fondo al libro si scopriva la verità: c’era lo zampino di un ghostwriter che sapeva scrivere bene. In questo caso era J.R. Moehringer, l’autore de Il bar delle grandi speranze, romanzo tutt’altro che brutto. In questo caso possiamo dire di essere davanti a un’opera letteraria? Credo che quantomeno ci si avvicini. E per averne conferma possiamo esaminare alcuni elementi.
Differenze tra letteratura e storytelling
Letteratura e storytelling hanno in comune l’utilizzo delle parole (lo storytelling in realtà può avvalersi anche di tanti altri strumenti) per descrivere una trama. Le comunanze si fermano qui. Gli scopi dei due strumenti sono diversi: lo storytelling può avere obiettivi pubblicitari o di persuasione mentre la letteratura descrive e apre all’immenso mondo delle domande, senza dare risposte. Anche gli strumenti sono differenti. La scrittura dello storytelling è semplice e immediata, mentre la letteratura scava nella parola, sperimenta modi diversi di periodare, di entrare in contatto con il lettore. Ci sono modi di scrivere che diventano quasi più importanti della trama. Lo storytelling non possiede tale capacità. La letteratura non è democratica, lo storytelling non si dà pace finché non arriva a tutti o quantomeno al target che si è prefissato. L’ultimo libro dell’influencer del momento o del politico dell’ultima ora non sono letteratura e questo è fuor di dubbio. Il fatto che abbiano grande successo però non significa che la letteratura sia in via di estinzione.
La letteratura non morirà mai
Il fatto che vi sia una preferenza per i libri semplici e basati sullo storytelling non significa che la letteratura sia ripudiata. Semplicemente le persone non sono ancora pronte per entrare in una dimensione letteraria più complessa. È da qui che la promozione della lettura dovrebbe partire. In realtà è da qui che anche la scuola dovrebbe iniziare. Proprio la scuola spesso è la causa dell’allontanamento dalla letteratura. Perché? Il motivo in realtà lo conosciamo tutti perché tutti siamo stati a scuola e tutti abbiamo visto gli effetti deleteri dell’imposizione della letteratura. La letteratura deve essere corteggiata e deve dare piacere. Quando un autore viene imparato a memoria, un libro imposto e una specifica letteratura appresa senza aver capito di cosa si tratta, accade che la maggior parte degli studenti diventino adulti refrattari alla lettura di qualità. Si pensa che imponendo letture classiche si trasformeranno gli studenti in lettori. Peccato che alla prova dei fatti non sia così. E contrariamente a quello che molti sbandierano, non credo che il vecchio sistema scolastico fosse molto migliore. Semplicemente, ieri come oggi la differenza la fa il singolo insegnante. Per innamorarsi della buona letteratura serve il mentore giusto, non un inquisitore che mette quattro in pagella. Quello lo può fare chiunque. Ma l’amore, il piacere, il desiderio verso la letteratura è altra cosa. E instillarla nei giovani (e non solo) è il motivo per cui la letteratura non morirà mai. Perché, a dispetto di tutto, insegnanti, mentori, promotori della lettura capaci ci sono ancora e i libri di qualità non smettono di essere letti. E non smetteranno mai.
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