Gli uomini con il triangolo rosa

Gli uomini con il triangolo rosa

Il 27 gennaio, e così la Giorno della Memoria, si avvicina e come ogni anno ricorderemo il terribile periodo della Shoah. Non amo considerarlo una mera ricorrenza. Preferisco indagare aspetti particolari di quel periodo e quest’anno l’ho fatto leggendo un libro che parla di perseguitati non ebrei che hanno patito le stesse pene: gli omosessuali.

La trama

Nel 1939 il giovane Heinz Heger viene arrestato a Vienna. Internato in un campo di concentramento, la sua sessualità diventa non solo il motivo dell’arresto, ma anche il filo conduttore delle pene che vengono inflitte a lui e ai suoi compagni prigionieri. Non possiamo non intuire come la perversione di alcuni gendarmi nazisti andasse a frugare con particolare ferocia le questioni sessuali di chi era bollato per le sue preferenze. Sessualità e sadismo erano in loro spesso uniti in uno spirito che tracimava in comportamenti psichicamente deviati e di una crudeltà inaudita. Poi vi erano quelli considerati “buoni”, ovvero coloro che facevano dell’omosessuale più mansueto e attraente il proprio protetto, da utilizzare fisicamente per compensare la mancanza di rapporti eterosessuali. Infatti, non si consideravano gay, ma semplicemente alla ricerca di un sostituto sessuale della donna. Chi sopravviveva diventava il preferito di un kapò o kapò esso stesso. Molti di loro, incluso il protagonista del libro, si salvò da morte certa in questo modo, ma anche aiutò con le sue possibilità quanti più compagni poteva.

La narrazione

La narrazione scritta in prima persona rende davvero molto il sentimento provato dal protagonista. Ci sono descrizioni difficili talvolta da sostenere per il lettore, ma altre piacevolmente sorprendenti, come la tavola imbandita che delle suore prepararono per loro mentre i gendarmi nazisti erano a pranzare in un’altra stanza, per poi essere rimproverate, ma senza pentirsi dell’atto compiuto. Ma c’è molto da riflettere anche su alcune teorie che ancora oggi persistono riguardo l’omosessualità. Il protagonista racconta, infatti, come uno dei responsabili del campo di concentramento avesse allestito un bordello con internate ebree utilizzate come prostitute, che gli omosessuali erano obbligati a frequentare. L’omosessualità era vista come una malattia da guarire, che è la stessa teoria alla base delle terapie riparative che ancora oggi esistono in alcuni paesi del mondo.

L’autore

Il libro fu pubblicato nel 1972 e non precedentemente per una ragione precisa: l’omosessualità prima di quegli anni era ancora considerata reato in alcuni stati, tra cui Germania e Austria. Non solo. Le autorità del dopoguerra non trattarono gli omosessuali come perseguitati, ma come comuni delinquenti che avevano scontato una pena detentiva meritata. La storia di Heinz Heger non è una storia immaginaria. Heinz Heger è lo pseudonimo di due persone: Josef Kohout e Hans Neumann. Il primo fu colui che visse le vicende descritte, il secondo quello che raccolse le memorie e gli diede un flusso narrativo. L’identità di Heger rimase segreta fino alla morte di Josef Kohout nel 1994. Il triangolo rosa di Kohout è l’unico rimasto tra le tragiche vestigia di quel dramma ed è conservato presso lo United States Holocaust Memorial Museum di Washington, donato dal suo compagno.

L’edizione

Ho particolarmente apprezzato questa edizione, che la casa editrice Sonda nella ristampa del 2019 ha presentato con introduzione e postfazione di Giovanni Dall’Orto. Le sue considerazioni, come sempre precise e documentate, allargano la conoscenza del fenomeno, includendo considerazioni sul trattamento degli omosessuali nell’Italia fascista. Ottima anche la bibliografia per gli approfondimenti.

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