Ho appena terminato un gruppo di biblioterapia che ha per argomento Emily Dickinson e la sua poesia (qui). Quando lavoro con la poesia sono consapevole che non sto facendo Poesia Terapia. Ci sono delle differenze sostanziali tra i due modi di utilizzare tale strumento letterario e proverò di seguito a spiegarle.
La poesia in biblioterapia
In biblioterapia è possibile scegliere qualsiasi tipo di testo. Compito del biblioterapista è saperlo utilizzare adeguatamente. Serve capire quale obiettivo si vuole raggiungere e pianificare i brani in una scheda di conduzione per utilizzarli durante la facilitazione del gruppo. Tutto questo accade all’interno del processo biblioterapeutico che il biblioterapista mette in atto. La poesia è uno dei tanti materiali disponibili che si può scegliere di utilizzare e il biblioterapista decide come. Il testo poetico può essere gestito in differente maniere. Può essere inserito in un insieme di testi in prosa in qualsiasi posizione. Può diventare lo strumento letterario che utilizziamo per aprire e/o chiudere un laboratorio. Oppure un modo per rispondere a una domanda. Magari una strategia per ravvivare una discussione che si era sopita. E così via. Posso anche utilizzarla come strumento per incontri face-to-face in cui si analizzano insieme brani poetici e se ne discute. O, ancora, si può decidere di mettere al centro la poesia e il suo autore e inserire attorno tutto ciò che li riguarda: biografia, epistolario, letteratura secondaria, saggistica sull’autore e la sua opera. Tutto questo avviene all’interno dell’utilizzo della poesia in biblioterapia. La Poesia Terapia è un’altra cosa.
La poesia in Poesia Terapia
Il termine Poetry Therapy, che in italiano traduciamo in Poesia Terapia, è stato coniato nel 1976 da Eli Griefer. Griefer era un avvocato e farmacista oltre che poeta. Cominciò a fare volontariato in un ospedale dove conobbe uno psichiatra, tale Jack Leedy, con cui cominciò a sperimentare laboratori di Poesia Terapia. La cosa divenne sempre più importante, tanto che Jacob Moreno, il famoso psichiatra, se ne interessò. Di lì in poi lo sviluppo della disciplina divenne sempre più importante, aumentando di valore e di visibilità, ottenendo di essere utilizzata in campi sempre diversi. Non c’è dubbio che molti aspetti sono comuni tra l’utilizzo della poesia in biblioterapia e in Poesia Terapia. Ad esempio, in entrambi i casi la poesia può essere il trampolino di lancio per discutere di sé o per esprimere stati d’animo e opinioni. Oppure si possono ipotizzare modifiche al testo, immaginando cosa avremmo messo al posto del poeta. Ma in Poesia Terapia, ad un certo punto, si cominciano a sviluppare modalità molto specifiche. Prendiamo ad esempio la scrittura. Questa è uno strumento in Poesia Terapia che va a svilupparsi a seconda degli obiettivi e del setting in cui viene utilizzata. Uno strumento tra i tanti è il clustering in cui, a partire da una parola, si generano altre parole rappresentative, associando memorie, persone, sentimenti, luoghi. Essi si dipanano come rami attorno alla parola principale e servono poi per creare una vera e propria poesia. Questo esempio vi fa capire come la Poesia Terapia possa essere uno strumento altamente specifico, una specializzazione della biblioterapia che mantiene una serie di caratteristiche comuni, ma che poi prende una strada propria con strumenti tutti suoi.
La scelta dello strumento
Ma come si sceglie il modo più adatto di utilizzare la poesia? Certamente si inizia sperimentando le diverse modalità come utenti. L’utente ha un privilegio: sceglie ciò che gli piace. Se un laboratorio lo sente affine, se lo convince, partecipa e valuta. Lo stesso possono fare i biblioterapisti. Da lì in poi entrano in campo due fattori: l’affinità con la tecnica e la formazione. Se io non mi sento a mio agio con un determinato strumento, non potrò essere efficace nell’utilizzarlo con gli utenti. Esattamente come la biblioterapia in generale non può essere gestita efficacemente da chi non ama i libri, allo stesso modo la poesia va maneggiata da cui si sente portato a farlo. Credo non ci sia nulla di male ad ammettere i propri limiti. Possiamo dare il meglio solo con quello che ci piace. Posso decidere tra poesia in biblioterapia o poesia in Poesia Terapia. Oppure posso decidere che il linguaggio poetico non fa per me e lavoro solo con il materiale in prosa. Chi ama i libri non è che ama incondizionatamente tutto ciò che è scritto. L’attività di biblioterapia è fortemente condizionata dal suo conduttore e questi deve prepararsi a dare il meglio. E poi i libri non mentono. L’utente di un laboratorio vede subito se la persona che ha di fronte nutre in interesse sincero oppure simula. Per questo, una volta che il biblioterapista ha fatto la sua scelta, non deve fare altro che formarsi nella tecnica che considera più congeniale: la scelta nata dalla passione va poi strutturata con la formazione.
Dove interessarsi di Poesia Terapia
Come già premesso, la Poesia Terapia non è uno strumento che utilizzo e non perché non ami la poesia. Semplicemente, mi sento molto più a mio agio con il linguaggio in prosa. Per questo mi riesce bene utilizzare la poesia in biblioterapia: racconto il poeta in tutte le sue sfaccettature, collego le poesie alla sua vita e ai suoi ideali e invito i miei utenti a osservarle con me. Ciononostante, cerco di restare vigile sull’argomento. Come? In rete potete visitare la rivista online, di cui vi ho già parlato, intitolata Poetry Therapy Italia, che può essere un punto di partenza interessante. Vi piace? Potreste approfondire. Non vi piace: il mondo è pieno di tanta altra letteratura. A ognuno la sua.
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