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Harry Potter per bambini alla Fiera del libro

Mercoledì 9, giovedì 10 e venerdì 11 marzo ho tenuto dei laboratori presso la Fiera del Libro di Castelrotto, paesino in Valpolicella a Verona, in cui ho ricreato Hogwarts e le sue lezioni. Ecco com’è andata.

Ricreare Hogwarts

Il fulcro del lavoro che ho svolto è stato l’utilizzo dei libri di Harry Potter. È stato entusiasmante per i bambini indossare il mantello della casa di appartenenza, assegnata a seconda dell’altezza e quindi della misura dei mantelli disponibili, criterio casuale molto utile. Ma la tenerezza della bambina che, mentre cercavo di capire quale fosse della sua misura continuava a sussurrare “Griffondoro, Griffondoro, Griffondoro”, è stata immensa e lo confesso: il mantello non era propriamente della sua misura, ma non me la sono sentita di non darglielo.
Ho cercato di ricreare l’atmosfera con oggetti posti su un tavolino, ma devo dire che i soli mantelli si sono rivelati più persuasivi di quello che immaginassi. Io stesso, insegnante di Hogwarts, ero vestito con un mantello rosso e sono entrato bene nella parte. Ma tutto questo è stato solo il preliminare per portarli nei libri, aiutandoli a riflettere su se stessi e sulla loro vita, in un momento di crescita che è avvenuto in un periodo storico reale non certo facile per loro.

Gli obiettivi di un laboratorio su Harry Potter

Ho sentito molto la responsabilità di questo incarico. I due anni di pandemia vissuti da noi adulti non sono stati nulla rispetto allo stesso periodo per i bambini. Per noi due anni sono uno spazio temporale tutto sommato ridotto, per loro è una vita intera. Una vita intera che è diventata predominante. Tra gli iscritti c’erano bambini dai sette ai quattordici anni, con una prevalenza tra i nove e i dodici. Ho cercato di rendere non pressante l’esperienza, agevolando l’aspetto ludico senza rinunciare all’obiettivo di crescita. Soprattutto con i bambini, la biblioterapia doveva essere leggera, senza avere la sensazione di essere né a scuola né a un’attività educativa o psicologica. Il mio obiettivo era che uscissero da Hogwarts felici di esserci stati, con pensieri ottimistici per la testa e una visione positiva di se stessi e delle proprie capacità.

Cosa ho insegnato nella mia lezione a Hogwarts

La lezione è durata un’ora e mezza. Lo smistamento delle case è avvenuto in modo casuale ed è stato un primo momento che li ha entusiasmati. Ognuno aveva anche una cravatta, arnese per loro davvero sconosciuto.
Ho iniziato consegnando un cartoncino con le caratteristiche appartenenti ai membri delle singole case. Dopo la lettura della filastrocca del Cappello Parlante, ho chiesto a ognuno quali caratteristiche si riconoscessero. È stato l’inizio della discussione che ha dato vita a un confronto davvero interessante. Ognuno ha potuto fornire una prima descrizione di sé, iniziando a sentirsi coinvolti. Ho poi lavorato con la lettura del brano in cui il piccolo Harry viene depositato davanti la porta a Privet Drive, con Silente e la professoressa McGranith che parlavano della cicatrice in fronte. E’ stata l’occasione per ragionare sul significato delle cicatrici fisiche e interiori. La maggior parte di loro non ha avuto difficoltà a entrare in questa dimensione, ma anzi, hanno capito subito di cosa stavamo parlando. Tutti e quattro i gruppi (per circa ottanta bambini in totale) hanno aderito con slancio al dialogo. Non potendo memorizzare i loro nomi, li chiamavo con il nome della casa di appartenenza, con loro grande soddisfazione. Sono uscite davvero tante cose: dal dolore per la morte del nonno, al bullismo a scuola fino ad arrivare alle difficoltà di sentirsi inadeguati rispetto alle richieste che il modo adulto faceva loro.
Ho proseguito lavorando sull’Incantesimo della Pastoia, che li ha stupiti, ma anche sollecitati a tornare a dialogare. Ragionando sul controincantesimo, è emersa l’importanza di superare quei limiti che li rendono impacciati e imbarazzati.

Per concludere


Non era nei miei obiettivi convincerli che la vita nel mondo della magia è migliore di quella reale, ma esattamente il contrario: la vita è bella perché è anche possibile trovare dei momenti in cui rifugiarsi nei libri ed entrare in un’altra dimensione nei momenti difficili per riemergere alla vita con maggior slancio. I libri non sono vie di fuga, ma mezzi per crescere. E se nel tempo avranno la possibilità di coltivare questo punto di vista, potranno imparare ad amare l’arte in ogni sua forma come momento arricchente della propria vita, così come la lettura, lo sport e tante altre attività in grado di mantenerli saldi alla quotidianità, ma godendosi anche altro.

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