linguaggio di genere

Il linguaggio di genere: difficoltà e risorse

Credo profondamente nella parità di genere e nel riconoscimento delle diverse sfumature che oggi siamo in grado di riconoscere oltrepassando dallo schema binario uomo/donna. Credo anche nella necessità del giusto riconoscimento linguistico della parità, ma confesso una cosa: non è per niente facile parlare e, soprattutto, scrivere rispettando le regole che oggi si stanno proponendo.

Il riconoscimento di genere nella quotidianità

Quando lavoravo in ospedale come infermiere, capitava spesso che mi chiamassero usando l’appellativo “dottore” solo per il fatto che ero un uomo mentre le dottoresse, soprattutto le più giovani, fossero interpellate con un “signorina”. Lungi dal sentirmi lusingato dall’essere riconosciuto come medico quando invece ero un infermiere (l’infermiere non è un mini-medico, ma un professionista diverso), ho sempre sentito l’esigenza di far comprendere a questi pazienti il ruolo di ognuno di noi e la necessità di dare il dovuto rispetto indipendentemente dal genere sessuale. Per tanti anni ho lavorato in un ambiente in cui i miei superiori erano spesso donne, coordinatrici o dottoresse, quindi per me è normale riconoscere il ruolo di potere di una donna. Ho, invece, qualche difficoltà nell’utilizzare il linguaggio di genere che oggi si sta affacciando nella nostra lingua. Quando in radiologia il ruolo di primario fu assunto da una donna, cominciare a sentire la parola “primaria” mi ha dato un senso di fastidio grammaticale, come quando si sentono i congiuntivi sbagliati. Non era tanto la questione di genere, quanto la difficoltà a introiettare un certo tipo di parole mai utilizzate prima.

Il non binarismo e la scrittura

La questione del linguaggio di genere non è nata spontaneamente e non è così semplice come potrebbe apparire. Ci sono linee guida del Parlamento Europeo (qui) che cercano di indicare come modificare nelle comunicazioni ufficiali il linguaggio per rendere paritario il riferirsi a donne e uomini. Ma c’è un altro grande capitolo che riguarda l’utilizzo di riferimenti alternativi al maschile e al femminile. Il genere non binario, ovvero non maschile e non femminile, necessita di uno spostamento fuori dalla grammatica per inserirvi modalità alternative per indicarlo. Il più comune è la schwa o scevà, ovvero ə. Poi ci sono altri simboli: -u, -x, -*, -@. E qui tutti si complica.

Le difficoltà del linguaggio di genere

Quello del linguaggio di genere è oggi ancora un movimento e lo si percepisce dalle difficoltà di applicazione. Un amico linguista mi ha fatto notare come se nell’italiano non esiste un genere neutro, forzarne l’entrata significa storpiare la lingua. Ma, dall’altra parte, ammette che le regole grammaticali diventano tali quando nel parlato un’eccezione diventa regola. Questo già sta accadendo con le parole che indicano le professioni al femminile. Oggi non mi è più difficile dire “primaria” o “sindaca”: la strada da fare è ancora tanta, ma è percorribile. Diverso è per il non binarismo perché non esiste un parlato che lo indichi. La trasformazione avviene per iscritto, soprattutto nelle comunicazioni via mail e nei documenti ufficiali laddove c’è la sensibilità di praticarle. Rimane la difficoltà estetica che è innegabile, ma anche questa strada si può percorrere. E nella letteratura?

Il ruolo della letteratura nel linguaggio di genere

Il linguaggio di genere modificherà la letteratura? Io credo che non sia questo lo scopo della trasformazione linguistica in atto. La letteratura ha il compito di esplorare, di inventare mondi possibili e impossibili, di guardare il bello e il brutto senza giudizio. Ha il compito di dare voce a tutti utilizzando le parole senza limiti. Il linguaggio di genere serve per pensare alle persone e rivolgersi a loro in modo includente. Le parole sono importanti, baluardi della civiltà che ci rappresentano. Pensiamo alla modifica grammaticale, ma siamo ancora in un mondo di insulti sessuofobi. Il lavoro da fare è ancora tanto. Dobbiamo sperimentare e parlare, provare a condividere questo tipo di linguaggio e capire se è apprezzato dai diretti interessati. Le parole possono molto. Se le condividiamo possono molto di più.

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