boris pahor

I 108 anni di vita di Boris Pahor

Ieri, 30 maggio 2022, è morto lo scrittore Boris Pahor. L’annuncio non è giunto inaspettato e i coccodrilli pronti per essere pubblicati dai giornali devono essere stati riesumati da una lunga e incredibile attesa. Ma chi era Boris Pahor e perché la morte di questo anziano scrittore rappresenta una perdita di non poco conto?

Vita di testimone di confine

Boris Pahor nasce a Trieste nel 1913. In quegli anni Trieste non era in territorio italiano, ma apparteneva all’impero Austro-ungarico. Sarà dopo la Prima Guerra Mondiale che verrà annessa al Regno d’Italia, rimanendo purtuttavia un luogo di confine, mai definitivamente una città italiana, ma porta aperta verso la zona mitteleuropea. Trieste resterà nel tempo politicamente difficile attendendo, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il 1954 per passare sotto il governo italiano e il 1963 per divenire capoluogo della regione a statuto speciale Friuli Venezia Giulia. Anche le questioni culturali sono state tipicamente quelle delle zone di confine, in cui si parlava italiano e sloveno sia nel periodo austro-ungarico, sia nel periodo italiano. Pahor ha scritto in sloveno, diventando uno scrittore rappresentante della comunità slovena in Italia, ma non solo. Pahor è stato testimone all’età di sette anni dell’incendio per mano fascista del Narodni Dom, edificio per le attività culturali e commerciali degli sloveni triestini, luogo in cui si tenevano rappresentazioni teatrali, manifestazioni politiche, conferenze e molto altro. Fu un partigiano che pagò con la deportazione le sue attività. La sua scrittura diviene quindi attività di memoria e di elaborazione. Un’elaborazione che alla luce del suo secolo di vita l’ha visto protagonista, talvolta con qualche contraddizione, ma sempre legato al desiderio di verità e pluralità.

I suoi libri e le sue attività

Necropoli è certamente il libro più noto e tradotto. Rappresenta l’apice della descrizione della sua esperienza di internato nei campi di concentramento con tutte le esperienze umane e di dolore vissute. Ma la sua produzione letteraria è molto più vasta e tocca vari argomenti, seppur sempre legati alla sua esperienza. Attuale più che mai è la questione riguardante le difficoltà di convivenza tra comunità di cultura e lingue diverse su un unico territorio. Il fascismo rese molto difficile la questione. Il giovane Pahor dovette smettere di andare nella scuola di lingua slovena per essere inserito in quella italiana e costretto a tagliare le proprie radici culturali. L’italianizzazione, così come l’autarchia, è stato un aspetto caratteristico del fascismo, tipico dei totalitarismi che Pahor ha provato sulla sua pelle. Allo stesso tempo, pur apprezzando il pensiero comunista durante le attività antifasciste, ha reso note e criticato le attività criminali della Jugoslavia di Tito, che lo condannò duramente, impedendogli l’accesso in Slovenia e in tutti i paesi della Jugoslavia, pena un arresto sicuro. Note negli ultimi anni le posizioni riguardo le Foibe, criticate e spesso travisate. All’accusa di voler ridimensionare l’evento da parte dei suoi detrattori, ha risposto con la necessità da parte dell’Italia di ammettere le responsabilità del fascismo italiano. Confesso che ho sempre pensato che la condanna del fascismo fosse cosa facile, ma a quanto pare metterlo per iscritto è molto più complicato.

Passo a passo attraverso il Novecento

Oltre alla perdita di un grande scrittore, scompare un testimone che non è solo politico. Il piccolo Boris passò la spagnola e da anziano ha visto il Covid. È l’ultimo testimone di tutta una serie di eventi che stanno in mezzo e che hanno caratterizzato e certamente originato il mondo di oggi. Uomini lucidi, illuminati dalla cultura e dalla letteratura in grado di raccontare la Storia passata e vivere quella presente non ce ne sono ormai più. Ma è questo che servono i libri di Pahor e non solo: a garantire ai posteri un ricordo che ci deve sempre illuminare per guardare avanti.

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