Lindgren biblioterapia

Astrid Lindgren e la biblioterapia

Ascoltando un podcast che parlava di Astrid Lindgren, ho scoperto che l’autrice del noto libro Pippi Calzelunghe aveva un pensiero vicino a quello della biblioterapia. Fu criticata per aver creato nelle pagine dei suoi libri dei bambini che non rispettavano regole e che non potevano essere modelli positivi. Lei rispose che i bambini sanno da soli ciò che possono ottenere di utile dalla letteratura che lei gli offriva. La biblioterapia fa la stessa cosa: non indica una soluzione ai problemi, ma offre percorsi narrativi in cui si arriva a ragionare indirettamente su di essi.

Una sconosciuta non così sconosciuta

Nei miei primi anni di lettura, gli scrittori avevano poca importanza per me. Da bambino mi bastavano i titoli, chi fosse l’autore neppure lo prendevo in considerazione. Ed è per questo che solo anni dopo da quel primo libro ricevuto in regalo a otto anni scoprii che l’autrice era Astrid Lindgren, che non associai al noto Pippi Calzelunghe. Non dimentichiamo che oggi con internet è tutto più facile anche per i più giovani, mentre al tempo non era così semplice. Il libro ricevuto in regalo era Mio Piccolo Mio, orfano che scopre di essere un principe, raggiunge il regno del re, suo padre, e combatte contro il cattivo cavalier Kato. Considerate che mentre scrivo, il nome del cavaliere oscuro affiora nella mia mente da solo, senza bisogno di andare a cercare il nome, pur avendo riletto questo libro almeno trent’anni fa. E adesso questa conoscenza con la sua autrice mi riempie di riconoscenza.

La conoscenza indiretta di Pippi Calzelunghe

Confesso che non ho mai letto Pippi Calzelunghe. La sua conoscenza mi viene dalla serie televisiva che vedevo da piccolo tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. È un personaggio notevole, di quelli che ami profondamente perché fa cose che tu non ti sogneresti e che invidi molto. Per una serie di coincidenze, il libro in questo momento è nella mia libreria in attesa di essere letto. E lo farò perché la sua genesi è particolare. L’autrice iniziò a raccontare storie alla figlia malata di polmonite, la quale chiese quella storia di Pippi Calzelunghe, nome inventato in quel momento da lei, che direzionò la fantasia della madre Astrid. Era strano il nome? Altrettanto strana doveva essere la storia. Per anni nuove vicende erano richieste dalla figlia, finché Astrid non fu costretta a letto a causa di una caduta e mise per iscritto le sue invenzioni letterarie, scoprendo un talento che non sapeva di possedere. Ancora una volta libri e malattia s’incrociano, legando a questa fantastica autrice alla biblioterapia.

Coincidenze che non sono coincidenze

Questa strana coincidenza che mi ha fatto collegare Astrid Lindgren alla biblioterapia è qualcosa di più di una coincidenza. Semplicemente alcuni tipi di letteratura hanno un respiro più ampio di altre e sono in grado di mettere in moto tutta una serie di risorse in chi li legge. Se è vero che ognuno ha il diritto di leggere quello che vuole, non è vero che qualunque libro ha un potenziale di biblioterapia. Meno di tutti ce l’hanno i libri-medicina, quelli che pretendono di insegnare a bambini e adulti cosa è giusto fare (se vuoi approfondire leggi La forzatura terapeutica nell’utilizzo della letteratura). La biblioterapia indica, non impone. Sollecita, non detta. Accompagna, non prevarica.
Amiamo i libri, cerchiamo di trovare soluzioni in esse, ma fuggiamo da quelli belli e ordinati, cercando fantasia e libertà come quelle contenute in tutti i libri di Astrid Lindgren.

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